Di Silvana Fioravanti
ROTELLA – Dopo esserci appassionati alle suggestive discese e ai tesori nascosti nel ventre della terra, passando per la Fossa del Lupo dove però solo pochi esperti si possono avventurare, con i primi tepori primaverili e un certo “friccicore” nelle gambe che reclamano un po’ di movimento, ci si può cimentare in un’interessante passeggiata che unisce all’utile dell’ attività motoria, il diletto di un incontro con uno dei piccoli gioielli distante solo qualche kilometro dal paese. Del resto i nostri dintorni e le frazioni sono ancora i più validi testimoni di un passato ricco di storia che, tramandato e conservato per millenni ,è giunto fino a noi a rivendicare antiche appartenenze o semplicemente a ricordarci da dove e – soprattutto- da chi proveniamo.
Basta incamminarsi per la Strada provinciale Castignanese, dopo aver percorso qualche kilometro si giungerà a un bivio sulla destra che fornisce l’indicazione per il più famoso Santuario di Montemisio e, dappresso, il sentiero che porta alla Chiesa della Madonna del Verdiente (o Verdente). Inerpicarsi sul viottolo di campagna non è proibitivo in questo periodo neanche per chi pratica solamente lo sport del telecomando TV! Un passo dopo l’altro, una breve sosta per recuperare il fiato, e poco più in alto, si propone agli occhi del turista un piccolo pianoro erboso dove questa Chiesetta pare solo appoggiata, come una statuina di un Presepe antico che fa bella mostra di sé per il piacere di chi è giunto fin lì per ammirarla.
Le prime notizie circa la costruzione della Chiesa di S.Maria del Verdente risalgono intorno al 1300 mentre il luogo deputato alla sua edificazione si presume sia stato oggetto di una donazione da parte del conte Anscario al Monastero di Farfa, in onore del figlio Beraldo III, futuro abate di quell’Ordine.
L’origine del nome invece con ogni probabilità deriva da una contaminazione tra il latino “ad burdentes” che significa “acque intorbidate” e il dialetto locale che spesso tramutava la lettera “B” con la “V”, da qui: “Verdente”. La chiesa ha una forma rettangolare con abside rotonda rivolta verso oriente, l’unico ingresso al centro della parte esposta a mezzogiorno riceve luce da quattro finestrelle aperte sui tre lati; il materiale da costruzione è composto massimamente da pietra sponga (calcare simile al travertino) la copertura è a capanna, con capriate, travi, pianelle e coppi.
La decorazione pittorica dell’interno di cui fanno parte l’Annunciazione e vari affreschi votivi, risale alla seconda metà del ‘400 e sembra si riferiscano a un pubblico voto della Comunità di Capradosso fatto – in tempo di peste – intorno al 1457 (o 1462-63), che fece molte vittime nel Piceno. Le opere risultano discretamente conservate grazie anche al recente restauro eseguito dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici delle Marche.
Circa la paternità dei dipinti, sulla base dell’analisi storica e artistica, si tende a privilegiare la teoria che l’Autore provenga dall’ambito della Scuola farfense ,espressa dal monaco-pittore Fra Marino Angeli e dai suoi continuatori.
Una visita, questa piccola gemma incastonata nel verde, la merita tutta, ma essendo la Chiesa abitualmente chiusa per comprensibili motivi di tutela dei beni artistici presenti, sarà bene provvedere alla prenotazione presso il Comune di Rotella, che s’incaricherà di mettere a disposizione la chiave. Si suggerisce quindi di raccogliere più adesioni e riunirle in piccoli gruppi per procedere alla visita.
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