Tante piccole luci hanno illuminato il Colosseo ieri sera. Quelle dei flambeux accesi dalla grandissima folla che ha riempito l’anfiteatro romano e della grande croce illuminata da tante fiammelle. Tanto raccoglimento e tanta emozione per la prima Via Crucis presieduta da Papa Francesco, nel Venerdì Santo 2013. Persone, di tutte le età, che sono venute da tutto il mondo per assistere a questo antico rito con il Pontefice, persino non credenti conquistati dallo stile di Francesco. Anche il profumo dei “cedri del Libano” ha portato una ventata di freschezza a Roma e nella Vecchia Europa, ma pure un grido di dolore dalle terre del Medio Oriente. Sono stati, infatti, i giovani del Libano quest’anno a dar voce alle meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo. A loro, sotto la guida del patriarca di Antiochia dei maroniti, il cardinale Béchara Boutros Raï, Benedetto XVI aveva chiesto di esprimere, nelle XIV stazioni della Passione di Cristo, le ansie e le attese dei popoli del Medio Oriente. Quando il Santo Padre è arrivato, è stato salutato dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e dalle altre autorità civili e religiose presenti. Con il sindaco il Papa, particolarmente sorridente, ha scambiato qualche battuta. La folla ha acclamato Francesco con tanti “Viva il Papa”.
A fianco di Gesù. La Via Crucis è iniziata con un canto. E mentre la croce avanzava, pian piano, per raggiungere il Papa in attesa al terrazzo Palatino, dove è stato allestito un gazebo con alle spalle la croce rischiarata dalla luce di tanti lumini, Stazione dopo Stazione abbiamo camminato a fianco di Gesù nel suo viaggio verso il Calvario, accompagnati dalle meditazioni dei giovani libanesi, disseminate di note di liturgia orientale e ispirate anche all’esortazione post-sinodale di Benedetto XVI “Ecclesia in Medio Oriente”. Così, nell’anfiteatro Flavio, stasera, sono risuonati i problemi che attanagliano il Medio Oriente, come le ingiustizie, le divisioni fra cristiani, il fondamentalismo e la violenza che dilaniano i popoli mediorientali, ma anche le sofferenze e i mali dell’intera umanità, del nostro Occidente, piegato “sotto realtà che cercano di espellere Dio dalla vita dell’uomo, come il laicismo cieco che soffoca i valori della fede e della morale in nome di una presunta difesa dell’uomo”. A prestare la voce alle meditazioni dei giovani libanesi sono stati il giornalista della Radio Vaticana Orazio Coclite e l’attrice italiana Lina Sastri. Carolina Zaccarini ha annunciato le Stazioni.
Una chiamata rivolta a tutti. Lo schema della Via Crucis è stato quello tradizionale, con XIV Stazioni e tre cadute. Hanno portato la Croce una ventina di persone, provenienti dalla Terra Santa alla Cina, dall’Africa all’America latina, a rappresentare il mondo intero nelle tappe della Via Dolorosa di Gesù. Perché la chiamata a seguire Gesù lungo la via della croce “è rivolta a tutti, in particolare ai giovani e a quanti sono provati dalle divisioni, dalle guerre o dall’ingiustizia e che lottano per essere, in mezzo ai loro fratelli, segni di speranza e operatori di pace”, come hanno spiegato i giovani libanesi nell’introduzione della Via Crucis. Nella I e nell’ultima Stazione ha portato la croce il cardinale Agostino Vallini, vicario di Sua Santità per la diocesi di Roma; nella II e nella III, due famiglie, una italiana e una indiana (a portare la croce la mamma in abito tipico); nella IV e nella V gli operatori dell’Unitalsi, che hanno accompagnato anche una donna disabile in carrozzella con l’ossigeno, che ha portato la croce; nella VI e nella VII Stazione due seminaristi cinesi; nella VIII e nella IX due frati della Custodia di Terra Santa, che ci sono sempre per ricordare il collegamento con Gerusalemme e la Terra Santa; nella X e nella XI Stazione, due religiose nigeriane, per l’Africa, e due religiose del Libano; nella XII e nella XIII Stazione due giovani del Brasile, in rapporto con la prossima Gmg. Le torce ai lati della Croce sono state portate da due giovani italiani della diocesi di Roma e da due libanesi.
Il grido degli innocenti. Quando è iniziata la Via Crucis, nel buio della notte è risuonato il grido degli innocenti vittime di chi usa il potere per compiacere i forti a scapito della “dignità dell’uomo” e del “suo diritto alla vita”, come pure il dolore di “tutti gli uomini e tutti i popoli umiliati e sofferenti, in particolare quelli dell’Oriente martoriato”. Così, Stazione dopo Stazione, abbiamo incontrato le difficoltà delle famiglie, “la croce della sofferenza e della malattia”, gli ultimi come senza dimora, poveri e bambini esposti alla violenza e allo sfruttamento, le madri afflitte e le donne ferite nella loro dignità, le sofferenze per le guerre, il terrorismo, l’odio. Ancora è stato ricordato il rischio di accontentarsi delle verità parziali della scienza e della tecnologia “senza cercare di porre le domande fondamentali del senso e dell’esistenza”, come pure si è pregato affinché il Signore apra i cuori, e le menti, di coloro che difendono l’aborto e l’eutanasia. Non sono mancati riferimenti alla necessità del rispetto della libertà religiosa e alla speranza che i cristiani superino le loro divisioni. Il Pontefice ha ascoltato, con grande partecipazione e raccoglimento, le meditazioni.
Rispondere al male con il bene. Al termine della Via Crucis, Francesco, nel suo intervento di pochi minuti, subito ha messo a fuoco l’elemento centrale di tutta la celebrazione: la croce, la “sola parola” che deve rimanere di questa notte, perché “la Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo”. Sbaglia chi, di fronte alle catastrofi a cui assistiamo, agli orrori della guerra, alle sofferenze di tante popolazioni, pensa che Dio resti sordo o indifferente, che resti in silenzio: “In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono”, ha sottolineato il Santo Padre. Ma, ha avvertito il Pontefice, anche noi cristiani dobbiamo seguire l’esempio di Gesù, rispondendo “al male con il bene”, prendendo su di noi “la croce, come Gesù” e portando anche nel cuore “questa Parola di amore e di perdono”. Papa Francesco ha voluto anche ringraziare i giovani libanesi per le meditazioni e soprattutto per “la testimonianza che ci danno”. Il Santo Padre ha ricordato che durante la visita di Benedetto XVI in Libano “abbiamo visto la bellezza e la forza della comunione dei cristiani di quella Terra e dell’amicizia di tanti fratelli musulmani e di molti altri”, “un segno di speranza” per il Medio Oriente e per il mondo intero. La Via Crucis è finita, ma lo sguardo resta fisso a quella croce che, al Colosseo, illumina la notte di Roma e le nostre vite.
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