COLONNELLA – Trasparenza. E’ questo ciò che chiede ormai da tempo il Comitato “Aria Nostra” alle maestranze abruzzesi in merito alla questione delle centrali a biomasse di Colonnella e Controguerra.
Ci si interroga nuovamente su alcune questioni fondamentali, come l’insufficienza di legna da combustione proveniente dai boschi della provincia di Ascoli Piceno e Teramo, la quale sarebbe in grado di alimentare circa la metà dell’impianto. Un altro aspetto fondamentale della vicenda riguarda la possibilità, che l’impianto possa essere successivamente riconvertito ad inceneritore: la legge italiana, infatti, definisce ‘biomassa’ anche la parte organica dell’immondizia. Ma, soprattutto, c’è il rischio che le richieste dei cittadini abruzzesi, che lottano ormai da tempo per il proprio diritto alla salute, restino una voce nel deserto. Il Comitato pretende, che venga fatta chiarezza sulle autorizzazioni riguardanti la realizzazione delle centrali termoelettriche in Val Vibrata. Un ulteriore aspetto inerente la questione delle biomasse è quello che riguarda la probabile immissione nell’aria di una sostanza cancerogena, la formaldeide, altamente pericolosa.
Il comunicato del comitato Aria nostra:
“L’Assessore Regionale Mauro Di Dalmazio ignora la pericolosità della centrale a biomassa di Colonnella che, qualora dovesse entrare in funzione, immetterà probabilmente nell’aria una sostanza cancerogena chiamata formaldeide con un quantitativo, specificato dai documenti di progetto, di quasi tre volte superiore al limite di legge. Evidentemente, ignora anche che l’ARTA di Teramo ha autorizzato un impianto che sembrerebbe non rispetti i requisiti di legge”.
Sulla tossicità della formaldeide, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro classifica la sostanza come altamente cancerogena per l’uomo.
“La cancerogenicità è stata accertata sui roditori, dove la formaldeide provoca un tasso di incidenza di cancro al naso ed alla gola superiori al normale; la formaldeide è in grado di interferire con i legami tra DNA e proteine. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC) sin dal 2004 ha inserito la formaldeide nell’elenco delle sostanze considerate con certezza cancerogene per la specie umana]. Va considerato che le concentrazioni di formaldeide presenti normalmente all’interno degli edifici sono generalmente basse, mentre vanno accuratamente valutati i rischi per gli addetti alle lavorazioni industriali che impiegano formaldeide. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato, come limite massimo di concentrazione accettabile di formaldeide in casa, 100 microgrammi / metrocubo (pari a 0,1 parti per milione – ppm)”. (Fonte: Wikipedia)
La formaldeide era classificata fino al giugno 2004 come probabile cancerogeno per l’uomo; tuttavia, nuovi studi hanno rafforzato le prove a favore della sua cancerogenicità, confermandone l’effettiva pericolosità per la salute dell’uomo. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha, dunque, classificato l’agente chimico ‘formaldeide’ come cancerogeno per l’uomo sulla base della acquisizione e della valutazione di nuovi studi.
“Il gruppo di lavoro internazionale, costituitosi presso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, ha stabilito che la formaldeide causa tumori naso-faringei nell’uomo, una neoplasia piuttosto rara nei paesi sviluppati. I dati disponibili hanno inoltre permesso di stabilire che esiste una limitata evidenza di associazione con il cancro della cavità nasale e dei seni paranasali ed una forte ma non sufficiente evidenza per lo sviluppo di leucemia. La classificazione da parte della Comunità Europea della sostanza come cancerogena di Categoria 3 e fase di rischio R 40 (Possibilità di effetti cancerogeni – prove insufficienti) nel 1996, recepita in Italia nell’anno successivo, ne ha in parte ridotto l’uso massiccio e, dunque, l’esposizione dei lavoratori.
Tuttavia, attualmente non è ancora disponibile un agente, in grado di sostituire i molteplici usi industriali della formaldeide”. (Fonte: DoRS.it centro di documentazione per la promozione della salute)
Alla luce dei fatti sopra citati, ci siamo chiesti, se il calore prodotto da un impianto termoelettrico di grosse dimensioni, possa trovare un utilizzo compatibile con i costi della distribuzione del calore e con una richiesta di mercato costante tutto l’anno. Esiste, quindi, una normativa in grado di regolamentare la produzione di biomassa in modo sostenibile?
“Ad oggi la normativa risulta carente nella valutazione dell’impatto ambientale e sanitario, che i nuovi impianti a biomassa inevitabilmente provocano e provocheranno. La realtà è che le biomasse sono un combustibile povero e può essere considerato economicamente ed energeticamente conveniente solo in paesi come la Svezia, dove l’industria del legno produce grandi quantità di scarti. Una centrale a biomassa, per poter produrre elettricità a costi confrontabili con quelli in uso in Europa, deve avere una potenza pari a 20 megawatt elettrici. Questo significa fare arrivare all’impianto almeno 80.000 tonnellate all’anno di legna secca, con 8.000 camion, e trovare una destinazione a circa 400 tonnellate di ceneri. (Dott. Federico Valerio, Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro, Servizio Chimica Ambientale)”. (Fonte:architetturaecosostenibile.it)
Questo è quanto scaturito dal consiglio regionale tenutosi il 12 marzo 2013, nel quale il Consigliere Walter Caporale ha presentato una interpellanza in merito alla questione delle centrali a biomassa previste per i territori di Colonnella e Controguerra.
Il Consigliere parla solo di due centrali e chiede se i due progetti non siano in contrasto con il piano di qualità dell’aria della Regione Abruzzo, in particolare, pone l’accento sulle ripercussioni negative, che tali impianti probabilmente possono determinare sulla salute dei cittadini, sul turismo e sull’importante comparto vitivinicolo della zona e dei timori dei cittadini in merito alle possibili e future trasformazioni di questi impianti in inceneritori, utili a bruciare rifiuti per avere combustibile, in quantità tale da soddisfare le esigenze di potenza degli impianti.
Probabilmente, i presenti in aula avevano ben altro a cui pensare, visto che il Vice Presidente De Matteis è dovuto intervenire con un ‘se non la smettete non faccio continuare il Consiglio. Scusate, se dovete parlare, uscite fuori dall’aula’.
l’Assessore di Dalmazio ha risposto all’interpellanza:
‘[…] il progetto asseconda tutte le prescrizioni al piano regionale per la tutela della qualità dell’aria e recupera tutto il calore necessario per il processo produttivo’.
Se veramente così fosse, saremmo di fronte ad una scoperta sensazionale nel campo della termodinamica.
Assessore, hai mai sentito parlare di rendimento delle centrali termoelettriche? Può spiegare, dove ha visto dei motori, che recuperano tutto il calore del processo di combustione, senza causare aumento della temperatura locale e dell’acqua di raffreddamento e, magari, senza emissioni e ceneri?
Inoltre, non ha minimamente citato il termine ‘formaldeide’, nonostante le denunce del comitato Aria Nostra.
E questo sarebbe la sua concezione di tutela della qualità dell’aria?
Certo che se, come il suo collega Assessore all’ambiente della Provincia di Teramo, che realizzerà la centrale di Colonnella, si è basato sul rapporto dell’ARTA di Teramo, ha ragione di ignorarne la pericolosità.
Probabilmente, l’Assessore Di Dalmazio ignora anche altre due questioni fondamentali:
-come ampiamente dimostrato in documenti ufficiali, la legna dei boschi degli interi territori provinciali di Teramo e di Ascoli Piceno, ammesso e per niente affatto concesso che sarebbe ad uso esclusivo della centrale di Colonnella, sarebbe a malapena sufficiente ad alimentare la metà dell’impianto; la legge italiana definisce biomassa anche la parte organica dell’immondizia differenziata. Quindi il rischio che l’impianto possa essere in breve riconvertito ad inceneritore è più che concreto.
Ma, soprattutto, temiamo che l’assessore abbia dimenticato di aver ricevuto un mandato dai cittadini abruzzesi, quegli stessi cittadini che oggi temono per la propria salute e che pretendono, che venga fatta chiarezza sulle autorizzazioni facili riguardanti certe centrali a biomasse”.
Questo, invece, è parte di quanto emerso dal Consiglio Regionale del 12 marzo 2013, in merito alle dichiarazioni del Consigliere Walter Caporale (Capogruppo regionale de La Sinistra, Sel, Verdi) e del Consigliere Regionale Mauro Di Dalmazio, Assessore al turismo e all’ambiente.
“Due centrali a biomasse rischiano di sorgere a Controguerra e a Colonnella, cittadine ad alta vocazione vitivinicola. A Controguerra, – ha dichiarato il Consigliere Walter Caporale – la centrale dovrebbe produrre energia con olio vegetale mentre, quella di Colonnella, dovrebbe essere prodotta attraverso la combustione di legna. Il progetto della centrale di Colonnella prevede la produzione di ben 6 Megawatt di energia con un investimento di 30 milioni di euro e una ricaduta occupazionale di una decina di posti di lavoro.In questi casi, infatti, come avviene in molte Regioni dell’Unione Europea, il combustibile viene reperito, conferito dalle attività agricole e forestali del territorio in cui essi sono localizzati in un raggio che generalmente non supera i trenta, cinquanta chilometri. Nel caso dell’impianto previsto a Colonnella, il quantitativo di cippato, legna e potature, non è un fatto reperibile nella zona, sorge ancora una volta, quindi, il timore che la proprietà della centrale, in caso di insufficiente approvvigionamento del combustibile, possa essere costretta ad utilizzare combustibile proveniente da paesi, che non rispettano le direttive della Comunità Economica Europea o, addirittura, dalla raccolta di rifiuti, ed è proprio il timore di possibile metamorfosi da centrale a biomasse ad inceneritore, che ha indotto i cittadini di Colonnella e il mondo legato all’agricoltura e alla viticoltura ha costituirsi in Comitato per impedire la realizzazione del progetto. Inoltre, la Centrale nascerà a ridosso delle abitazioni della Contrada Valle Cupa, e, quindi, qualora si rispettassero i limiti di legge per i prodotti residui, sia in atmosfera che nel sottosuolo, non mancherebbero i disagi per la popolazione, ma soprattutto per le attività agricole, che la nostra regione dovrebbe preservare, basti pensare soltanto all’aumento del traffico pesante. Chiedo al Presidente della Giunta Regionale o all’Assessore competente di riferire sull’iter autorizzativo della Centrale di Colonnella e di Controguerra, ovvero se i due progetti non siamo in contrasto con le prescrizioni del piano della qualità dell’area della Regione Abruzzo, soprattutto perché non si tratta di piccoli impianti che non superano il megawatt, per i quali non c’è bisogno dell’intervento della Regione.”
“Il progetto corrisponde e asseconda tutte le prescrizioni al piano regionale per la tutela della qualità dell’aria, – ha replicato l’Assessore Di Dalmazio – essendo ubicato in un capannone esistente nell’area definita ‘impianti industriali di completamento’ e recupera tutto il calore necessario per il processo produttivo. Relativamente all’approvvigionamento, il progetto prevede che esso sia costituito da solo cippato di legna vergine e che lo stesso proviene dalla fornitura prevista in un contratto tra il Consorzio Forestale dell’Appennino centrale e la ditta stessa, ancorché la Legislazione Nazionale non prevede delle limitazioni sulla provenienza della biomasse. Inoltre, il Comune di Colonnella (Conferenza di Servizi) aveva prima dato parere favorevole, lo ha poi revocato agendo in sede, da quello che risulta in sede giurisdizionale. Con riferimento, invece, all’impianto di Controguerra, non c’è assolutamente, voglio dire, oli vegetali, non c’è assolutamente nulla al servizio, non risulta, e chiaramente c’è la possibilità che la potenza dell’impianto non sia superiore ad un megawatt, perché come ha detto lei, se così è, la Regione non è interlocutore, ma è solo il Comune.”