Obbedire a Dio. Soffermandosi sulla pagina degli Atti degli Apostoli che si legge nella Liturgia di questa Terza Domenica di Pasqua, il Pontefice ha ricordato che “la prima predicazione degli Apostoli a Gerusalemme riempì la città della notizia che Gesù era veramente risorto, secondo le Scritture, ed era il Messia annunciato dai profeti”. Alla reazione dei sommi sacerdoti e i capi della città, che “cercarono di stroncare sul nascere la comunità dei credenti in Cristo e fecero imprigionare gli Apostoli, ordinando loro di non insegnare più nel suo nome”, Pietro e gli altri Undici risposero che “bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”. Per questo furono flagellati e fu comandato loro “nuovamente di non parlare più nel nome di Gesù”, ma “essi se ne andarono, e così dice la Scrittura, ‘lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù’”.
Esperienza forte del Risorto. “Io mi domando: dove trovavano i primi discepoli la forza per questa loro testimonianza? Non solo: da dove venivano loro la gioia e il coraggio dell’annuncio, malgrado gli ostacoli e le violenze?”, ha chiesto il Santo Padre, sottolineando che “gli Apostoli erano persone semplici, non erano scribi, dottori della legge, né appartenenti alla classe sacerdotale”. Dunque, “come hanno potuto, con i loro limiti e avversati dalle autorità, riempire Gerusalemme con il loro insegnamento?”. Per Francesco, “è chiaro che solo la presenza con loro del Signore Risorto e l’azione dello Spirito Santo possono spiegare questo fatto”. Sì, ha aggiunto a braccio, “è il Signore che era con loro e lo Spirito che li spingeva alla predicazione spiega questo fatto straordinario”. Insomma, “la loro fede si basava su un’esperienza così forte e personale di Cristo morto e risorto, che non avevano paura di nulla e di nessuno, e addirittura vedevano le persecuzioni come un motivo di onore, che permetteva loro di seguire le orme di Gesù e di assomigliare a Lui, testimoniandolo con la vita”.
Con amore e verità. “Questa storia della prima comunità cristiana ci dice una cosa molto importante, che vale per la Chiesa di tutti i tempi, anche per noi – ha osservato il Papa -. quando una persona conosce veramente Gesù Cristo e crede in Lui, sperimenta la sua presenza nella vita e la forza della sua Risurrezione, e non può fare a meno di comunicare questa esperienza”. Non solo: “Se questa persona incontra incomprensioni o avversità, si comporta come Gesù nella sua Passione: risponde con l’amore e con la forza della verità”. Di qui l’esortazione: “Pregando insieme il Regina Cæli, chiediamo l’aiuto di Maria Santissima affinché la Chiesa in tutto il mondo annunci con franchezza e coraggio la Risurrezione del Signore e ne dia valida testimonianza con segni di amore fraterno”. A braccio ha chiarito: “L’amore fraterno è la testimonianza più vicina che noi possiamo dare che Gesù è con noi vivo, che Gesù è risorto”. Poi ha chiesto di pregare “in modo particolare per i cristiani che soffrono persecuzione”. “In questo tempo – ha sostenuto, a braccio – ci sono tanti cristiani che soffrono persecuzioni, tanti, tanti in tanti Paesi. Preghiamo per loro con amore dal nostro cuore” affinché “sentano loro la presenza viva e confortante del Signore Risorto”.
Un nuovo beato e la Giornata dell’Università Cattolica. Dopo la recita del Regina Cæli, il Pontefice ha rammentato che “ieri, a Venezia, è stato proclamato beato don Luca Passi, sacerdote bergamasco del secolo diciannovesimo, fondatore dell’Opera laicale Santa Dorotea e dell’Istituto delle Suore Maestre di Santa Dorotea. Rendiamo grazie a Dio per questa testimonianza di questo beato!”. Il Santo Padre ha anche ricordato che oggi in Italia si celebra la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sul tema “Le nuove generazioni oltre la crisi”. “Questo Ateneo, nato dalla mente e dal cuore di padre Agostino Gemelli e con un grande sostegno popolare – ha affermato -, ha preparato migliaia e migliaia di giovani ad essere cittadini competenti e responsabili, costruttori del bene comune”. Perciò, Francesco ha invitato “a sostenere sempre questo Ateneo, perché continui ad offrire alle nuove generazioni un’ottima formazione, per affrontare le sfide del tempo presente”. Nei saluti finali, dopo aver ricordato tutti i pellegrini presenti, provenienti da tanti Paesi, in particolare ha rivolto un pensiero al pellegrinaggio della diocesi di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino, con l’arcivescovo monsignor Buoncristiani. “A tutti voi buona domenica e buon pranzo!”, ha concluso.
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Sulla rena, lieve e bionda,
fra un alito di vento e l’onda,
come di bambino, il passo leggero,
ma saldo come l’Amore Vero.
Il regio volto, fulgente d’eterna letizia,
il sacro cuor, scrigno di un’ ineffabile notizia:
“Miei cari fratelli suvvia non siate mesti!
Mai più lamenti e stracci di vesti!
La morte è vinta e con essa il peccato
che nel mio nome vi sarà perdonato.
Amici, in ogni contrada, città e nazione
rivelate la Luce della mia Resurrezione”.