Mi rasserena e mi conforta il ricordo della collaborazione offerta all’allora card. Bergoglio, vissuta per un intero mese nel contesto dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi del 2001, dov’egli fu relatore generale.
Il rilievo dell’attuale scelta papale mi pare si possa inquadrare anzitutto nell’accoglienza d’istanze – come è stato sottolineato nel comunicato della Segreteria di Stato – emerse a più voci nel corso delle Congregazioni generali anteriori al Conclave. Un altro aspetto lo coglierei nella “novità” di questo organismo che indubbiamente arricchisce e amplifica le forme della comunione anche in quelli che potrebbero essere intesi come i vertici della istituzione ecclesiastica.
Ampliare gli spazi della “communio”: mi pare che anche questo sia implicito in questa ultima scelta di Papa Francesco, convinto come sono che nella medesima direzione della “communio” debbano leggersi pure i recenti rimandi alla “presidenza della carità” (che riecheggia sant’Ignazio di Antiochia), e al binomio vescovo-popolo che ricorda il “Pastori suo grex adherens” di san Cipriano, fatti più volte dal Papa parlando ai fedeli”.