La campagna di raccolta firme “Uno di Noi”, che ha preso avvio a livello nazionale (oltre che europeo) con la costituzione di un Comitato italiano composto dai rappresentanti di decine di associazioni e movimenti tra i più rappresentativi in campo cattolico, investe non solo gli aspetti etici ma anche quelli giuridici e del diritto comunitario. Andrea Simoncini, docente di diritto costituzionale all’Università di Firenze e membro del consiglio di presidenza nazionale di Comunione e Liberazione. Qui di seguito il testo dell’intervista.
Perché questa iniziativa europea “Uno di Noi” è considerata così importante dai promotori, italiani e degli altri Paesi dell’Unione?
“Concordo sull’importanza, anzi definirei l’iniziativa ‘decisiva’, in questo senso: mi pare che essa riporti al centro del dibattito sociale, culturale e anche politico il tema della ‘irriducibilità’ della persona, dell’Io. Oggi, se c’è un attacco all’uomo, forse ancora più grave di quello meramente fisico, è proprio l’attacco alla stessa idea che ogni persona, ogni Io, sia un’entità del tutto unica e irripetibile”.
Quindi per firmare occorre essere convinti che l’embrione sia una persona?
“Questo mi sembra forse l’aspetto più interessante della mobilitazione. Ci vuole questa convinzione, che però appare a molti un’evidenza indiscutibile. Infatti in questo caso l’Io non si vede ma la persona c’è, anche quando i nostri sensi non sono in grado ancora di registrarla. Ciò inoltre mi sembra decisivo sotto un altro profilo: siamo nell’epoca in cui la scienza riesce, in qualche modo, a produrre la realtà. Nel nostro caso la realtà c’è e la scienza, certa scienza, non vuole riconoscerla”.
Che dire dello strumento della raccolta firme europea?
“Mi pare una possibilità interessante e nuova, introdotta dal Trattato di Lisbona. Il fatto di poter agire su scala europea non solo ha un valore comunitario in sé, ma significa nei fatti la possibilità di recuperare un dialogo tra le istituzioni e la società civile, specie oggi in cui la crisi a vari livelli getta ombre di pesante disagio e distanza tra la gente e i palazzi del potere”.
Come valuta dal punto di vista giuridico-costituzionale questa raccolta di firme?
“Anzitutto mi pare un’ottima occasione di dialogo e collaborazione non solo tra i proponenti ma tra l’intera società civile e le istituzioni in quanto tali. Il suo oggetto specifico è la richiesta di intervenire sulle norme giuridiche, quindi sul diritto europeo, attorno al tema della ‘persona’. Essa, la persona, è il punto radicale di attacco e il confronto in atto è culturale prima che politico e giuridico”.
Quale ruolo può giocare la prassi giuridica europea sul tema della difesa del concetto di persona?
“Direi che il diritto può giocare un proprio ruolo, soprattutto nel favorire le condizioni perché il rispetto della dignità di ogni individuo venga garantito a tutti i livelli. La battaglia appare quindi allo stesso tempo culturale, sociale e direi anche educativa. All’interno di tale ampio confronto, il diritto può svolgere il ruolo di ‘facilitatore’, nel senso di appianare le distanze e avvicinare i contendenti”.
Nell’ipotesi augurabile che la raccolta firme abbia successo e che le richieste vengano accolte, quali ricadute positive potrebbero esserci in futuro?
“Lo scopo è di avviare un procedimento di modifica del diritto comunitario, soprattutto nel campo della ricerca scientifica perché non si utilizzino o distruggano embrioni umani o li si manipoli in procedure di clonazione. Del resto, si tratterebbe di una diretta applicazione di principi che sono già contenuti in qualche modo nella stessa Carta europea dei diritti”.
Quindi c’è da attendersi, in caso di successo della raccolta e di avvio del dibattito legislativo, una qualche novità sostanziale?
“L’area di azione verso cui è orientata una iniziativa come questa è quella del diritto comunitario. Dopo di che è chiaro che queste modifiche, laddove avvenissero, potrebbe anche riguardare le singole legislazioni nazionali con tutti i doverosi passaggi previsti da norme e trattati. Non dimentichiamo, comunque, che in prima battuta la campagna riguarda sia il riconoscimento del principio in sé, sia la regolamentazione di tutte quelle iniziative di finanziamento che da lì in avanti sarebbero chiaramente vietate qualora si andassero a distruggere embrioni umani”.