Di Fabio Zavattaro

L’immagine del buon pastore accompagna la quarta domenica del tempo di Pasqua; immagine che cogliamo in un’azione che simbolicamente parla di amore e di fedeltà: il buon pastore che conosce le sue pecore, le chiama e queste ascoltano e lo seguono. Per questo gregge egli ha dato la vita e a loro dona la vita eterna. Come sempre il Vangelo è essenziale, non si perde in inutili giri di parole, ma va subito all’essenziale. Ed è interessante che il brano di Giovanni inizi proprio con la domanda dei giudei: “Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Sei tu il Cristo, dillo apertamente?”. E con la risposta di Gesù: “Ve l’ho detto e non credete… ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore”.
Solo quattro versetti in questo Vangelo di Giovanni, ma ricchi di riferimenti e di conseguenze. C’è innanzitutto una netta divisione tra chi crede e chi non crede; tra chi ascolta e chi si pone fuori dal gregge e non comprende la voce del pastore, che rimane per lui un estraneo.
In questi versetti, ci dice Papa Francesco nella sua riflessione al Regina Coeli, “c’è tutto il messaggio di Gesù, c’è il nucleo centrale del suo Vangelo: lui ci chiama a partecipare alla sua relazione con il Padre, e questa è la vita eterna. Gesù vuole stabilire con i suoi amici una relazione che sia il riflesso di quella che lui stesso ha con il Padre: una relazione di reciproca appartenenza nella fiducia piena, nell’intima comunione”.
Ed ecco l’immagine del pastore. Suggestivo, dice Francesco il mistero della voce: “Pensiamo che fin dal grembo di nostra madre impariamo a riconoscere la sua voce e quella del papà; dal tono di una voce percepiamo l’amore o il disprezzo, l’affetto o la freddezza. La voce di Gesù è unica. Se impariamo a distinguerla, Egli ci guida sulla via della vita, una via che oltrepassa anche l’abisso della morte”.
È la domenica in cui si celebra la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, così Francesco proprio sul tema della voce costruisce un dialogo con i giovani che sono presenti in piazza San Pietro per la recita del Regina Coeli. Spesso accade che non riconosciamo questa voce: “Ci chiama, ci invita a seguirlo, ma forse succede che non ci rendiamo conto che è lui”. Qui inizia il dialogo con i giovani: “Vorrei chiedervi: qualche volta avete sentito la voce del Signore che attraverso un desiderio, un’inquietudine, vi invitava a seguirlo più da vicino? L’avete sentito?”. Una pausa per sollecitare la risposta della piazza e un “non sento” per chiedere ai giovani di far udire più forte la loro voce. Poi prosegue ricordando che la “giovinezza bisogna metterla in gioco per i grandi ideali”; così rivolto ai giovani dice: “Domanda a Gesù che cosa vuole da te e sii coraggioso! Sii coraggiosa! Domandaglielo”.
Le vocazioni, afferma ancora Francesco, nascono nella preghiera e dalla preghiera: “Dietro e prima di ogni vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata, c’è sempre la preghiera forte e intensa di qualcuno: di una nonna, di un nonno, di una madre, di un padre, di una comunità”.
La mattina, nella basilica vaticana, Papa Francesco aveva ordinato dieci sacerdoti, e a loro ha voluto sottolineare proprio l’immagine del buon pastore: “Dispensate a tutti quella parola di Dio che voi stessi avete ricevuto con gioia; ricordate le vostre mamme, le vostre nonne, i vostri catechisti che vi hanno dato la parola di Dio, il dono della fede”.
Quella voce che loro hanno ascoltato e compreso. Per questo, dice loro il Papa, quella voce chiede di “camminare con lui in novità di vita”. E aggiunge: “Oggi vi chiedo in nome di Cristo e della Chiesa: per favore, non vi stancate di essere misericordiosi. Con l’olio santo darete sollievo agli infermi e anche agli anziani: non abbiate vergogna di avere tenerezza con gli anziani. Celebrando i sacri riti e innalzando nelle varie ore del giorno la preghiera di lode e di supplica, vi farete voce del Popolo di Dio e dell’umanità intera”. Siete stati scelti fra gli uomini, “esercitate in letizia e carità sincera l’opera sacerdotale di Cristo, unicamente intenti a piacere a Dio e non a voi stessi. Siete pastori, non funzionari. Siete mediatori, non intermediari”.  Parole che riportano alla memoria quelle pronunciate Giovedì Santo nella Messa Crismale quando Francesco chiese ai sacerdoti di uscire e sperimentare il potere dell’unzione; di andare “nelle periferie dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni”. Il sacerdote deve uscire, disse nella sua omelia: “Chi non esce da sé, invece di essere mediatore, diventa a poco a poco un intermediario, un gestore. Preti tristi, collezionisti di antichità. Questo io vi chiedo: siate pastori con l’odore delle pecore”.

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