“Nessun grande discorso, ma piccole sottolineature in un incontro tra pastori”. Così monsignor Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Conferenza episcopale umbra, racconta dell’incontro di ieri con Papa Francesco, “vescovo dei vescovi, un pastore tra i pastori con un amore delicatissimo verso la nostra gente”, in occasione della visita ad limina dei vescovi umbri, in corso a Roma.
Eccellenza, cosa l’ha colpita dell’incontro con il Papa?
“Mi ha colpito la sua visione della Chiesa e dell’uomo. Il Papa è un uomo profondamente religioso. Si chiama Francesco come il Poverello di Assisi che fu definito ‘vir evangelicus’. Mi sembra che il Papa abbia lo stesso stile di vita. La continua meditazione sul Vangelo ha arricchito moltissimo la sua umanità: a lui veramente interessano le persone, le anime. È un uomo pieno di amore per la salvezza dei fratelli. È la cosa che gli preme di più, condividendo quello che aveva detto Giovanni Paolo II: è l’uomo la via alla Chiesa. Di fronte a tutti i problemi che gli abbiamo esposto, ha sempre dato risposte in questo senso: avere attenzione per le persone. Anche a noi vescovi umbri ha ribadito di preferire una Chiesa ferita sulla strada ma alla ricerca dell’uomo, piuttosto che una Chiesa malata perché ripiegata su se stessa”.
Papa Bergoglio è il primo Pontefice che ha scelto come nome Francesco: è uno stimolo per le diocesi umbre?
“La prima battuta che ho fatto con il Papa è stata proprio che noi ci sentiamo pieni di fierezza cristiana perché in dieci anni due Pontefici hanno scelto i nomi di due grandi santi dell’Umbria: Benedetto e Francesco. Per noi il fatto che il Papa si chiami Francesco, l’unico santo definito ‘alter Christus’ e punto di riferimento di tutta l’Umbria, è un ulteriore richiamo al Vangelo”.
L’Umbria è una terra che ha dato molti santi al nostro Paese: oggi che ruolo può avere nella nuova evangelizzazione?
“Ieri ho detto al Papa che Giorgio La Pira, il sindaco santo di Firenze, definiva Assisi e Norcia le due terrazze sull’Europa e sul mondo perché Francesco, con il suo ritorno al Vangelo e con la fraternità, e Benedetto, con la sua regola e con la figura dell’abate, prototipo di tutti i modelli di governo del Medioevo, sono una fonte di civiltà per l’Europa e per il mondo, diffondendo ovunque le radici cristiane. Questo è il momento per l’Umbria per scuotersi perché ha in se stessa un dna forte, che costituisce uno stimolo in più all’evangelizzazione partendo dalla nostra realtà”.
Quale fotografia della Chiesa umbra avete presentato al Santo Padre?
“Abbiamo portato all’attenzione del Papa i problemi della Regione, come la crisi morale, la crisi economica, il discorso tragico della droga a Perugia; e della Chiesa, come la realtà di un clero anziano, la scarsità di vocazioni e l’avanzare della secolarizzazione, ma anche le prospettive, i progetti, il grande impegno nella pastorale universitaria e le speranze”.
Qual è il rapporto dei giovani umbri con la Chiesa? Il Pontefice vi ha suggerito qualcosa in proposito?
“In questi anni c’è stata una crescita nel rapporto tra giovani e Chiesa. Abbiamo cercato di curare particolarmente la pastorale giovanile e di valorizzare i molti movimenti presenti nelle nostre realtà diocesane creando anche unità tra di loro. Il Papa si è detto molto preoccupato per le vocazioni, non solo in Umbria, e ci ha richiamati al dovere dell’ascolto delle persone e in particolare dei giovani, invitandoci a essere attenti alla direzione spirituale. I ragazzi sono generosi: a loro possiamo chiedere molto di più di quello che stiamo facendo e possiamo dire con libertà ‘il Signore ti chiama’, dopo aver verificato che ci sono le condizioni”.
Come vescovi umbri avete invitato ufficialmente il Papa ad Assisi?
“Lo abbiamo invitato, con una lettera ufficiale, per il 4 ottobre, festa di San Francesco. Quest’anno tocca alla regione Umbria portare l’olio della lampada che arde perennemente sulla tomba del Santo in rappresentanza di tutta la nazione italiana. Il Pontefice è restato molto contento dell’invito, anche se ovviamente non ci ha potuto rispondere immediatamente. Noi speriamo in una risposta positiva, avendo spiegato al Papa che in occasione dell’Anno della fede abbiamo scritto una lettera pastorale per tutta l’Umbria ‘sulle orme di san Francesco’: in questo contesto la sua venuta sarebbe il dono più grande della Provvidenza, per richiamare tutta la Regione a un rinnovato impegno nella ricerca del bene comune e di nuove forme di solidarietà, di attenzione all’altro, di accoglienza, perché si possa fare una società degna dell’uomo e, quindi, di Dio. Voglio qui ricordare l’impegno delle Chiese umbre per le famiglie in difficoltà attraverso il Fondo di solidarietà, con il quale abbiamo raccolto tre milioni di euro e aiutato finora duemila famiglie”.
Quali indicazioni il Papa ha dato a voi vescovi umbri?
“Anche a noi ha parlato delle periferie, intese non solo come luoghi lontani dalle città: esistono le periferie anche in chi ci sta vicino e, quindi, dobbiamo far ritornare Cristo in queste periferie immediate. Quando gli abbiamo parlato poi delle Unità pastorali in cui stiamo strutturando le nostre parrocchie, ci ha ripetuto che la Chiesa non può essere la baby sitter dei laici, che devono avere una loro corresponsabilità piena. C’è un umanesimo coniugato in senso evangelico veramente forte in tutto il messaggio del Papa, che non ci arriva attraverso encicliche o documenti, ma attraverso quello che dice nella messa quotidiana a Santa Marta”.