Una Chiesa marchigiana in cammino. Una Chiesa che non rinuncia ad affrontare le sfide del proprio tempo. Una Chiesa che non si nasconde dentro le difficoltà di una crisi, la cui sfera economica è solo la punta di un iceberg ben più profondo. Con questi presupposti il 3 ed il 4 maggio scorsi i 12 vescovi delle Marche (assente monsignor Silvano Montevecchi, vescovo di Ascoli Piceno), guidati dal presidente della Conferenza episcopale della regione, nonché arcivescovo di Fermo, monsignor Luigi Conti hanno incontrato Papa Francesco per la tradizionale visita ad limina. Un’occasione preziosa per fare il punto sulla realtà delle varie diocesi e per raccogliere le indicazioni del nuovo Pontefice. Abbiamo ascoltato monsignor Luigi Conti, appena terminata la visita a Roma.
Che impressione ha avuto da questo incontro così fortemente atteso con Papa Bergoglio?
“È stato un confronto molto contagioso, perché il nostro Papa è una persona che vive la pastorale diretta, lui sente il respiro delle pecore, oltre che l’odore, come ha sottolineato più volte. È uno di noi e questo non fa che rendere ancora più bello e concreto il dialogo con tutti”.
Tanti i temi messi in gioco. Qual è quello che è sembrato prioritario?
“Quello della vocazione della persona. Siamo di fronte ad una crisi antropologica ancor più grave di quella economica e questo cambia la gerarchia dei valori in cui credere. Dobbiamo lasciare spazio a quegli incontri che danno un senso più vero al nostro vivere quotidiano. Quando abbiamo parlato con il Papa di vocazione, lui non ha fatto accenno tanto a quella sacerdotale, quanto a quella matrimoniale, perché la stessa famiglia deve tornare ad essere il perno vitale della società, senza nostalgie per modelli passati che sembrano quasi sfumati, ma con la convinzione che il nucleo familiare rappresenti un punto centrale all’interno di una pastorale integrata che possa riconoscere il legame con l’attività pastorale giovanile. Il Papa ha quindi mostrato interesse anche a percorsi di accompagnamento nella fede per i separati, divorziati e per i risposati, quindi per le famiglie in difficoltà”.
Parlava prima di pastorale giovanile. Come si è pensato di guardare alle nuove generazioni come al futuro della Chiesa…
“Innanzitutto abbiamo valorizzato l’esperienza crescente degli oratori che nelle Marche non hanno una vera e propria tradizione. Siamo passati da una trentina ad oltre 300 luoghi di aggregazione nelle parrocchie, dando lievito alla nota pastorale della Cei definita ‘Il laboratorio dei talenti’. Il Papa ci ha incoraggiato a coltivare con sempre più speranza questo seme fin nell’età pre-adolescenziale perché i ragazzi hanno bisogno di individuare guide sicure ed autorevoli sul loro cammino. Ed ha aggiunto di coinvolgere anche le famiglie dentro gli oratori come presenza educativa importante per una maggiore ricchezza di contributo. L’attenzione verso la maturazione umana e la crescita nella fede delle nuove generazioni è stata sempre al cuore della missione della Chiesa”.
La crisi del lavoro segna profondamente questa regione, un tempo definita terra del Bengodi…
“Sì, abbiamo evidenziato la difficoltà a trovare un’occupazione stabile per la nostra gente e nel contempo si registra il non trascurabile fenomeno dell’immigrazione con cui dobbiamo confrontarci in un processo di integrazione sempre più necessario ed importante. Il modello marchigiano di sviluppo che partiva dalla piccola impresa ha subito una brusca frenata ed ora dobbiamo essere pronti a muoverci in altre direzioni senza paura del nuovo, ma con coraggio. Qui ci ha confortato il Santo Padre quando ci ha detto che anche Gesù non ha guarito tutti gli uomini, non ha risolto tutti i problemi, ma si è messo nella condizione di sostenere ed accompagnare la persona nel suo bisogno. Così dobbiamo fare noi. Ed abbiamo voluto raccontare come le nostre Chiese hanno potenziato il servizio delle Caritas, non solo per la distribuzione di cibo e vestiti, ma anche e soprattutto per l’ascolto e l’accoglienza”.
A novembre ci sarà il 2° convegno ecclesiale marchigiano. Come vi state preparando e cosa ha aggiunto il Papa in proposito?
“L’appuntamento di novembre, dal 22 al 24, ad Ancona e Loreto, dal tema ‘Alzati e va’. Vivere e trasmettere oggi la fede nelle Marche’ vuole segnare una sorta di continuità nella storia della Chiesa marchigiana, a 20 anni dal primo convegno che aveva come titolo ‘La nuova evangelizzazione’. È posto alla conclusione dell’anno della fede e non si può prescindere da questo dono come possibilità concreta di annuncio del Vangelo e di testimonianza di umanità cambiata. Il Papa ha mostrato grande soddisfazione per questo progetto comune, perché aiuta le diocesi a muoversi in piena unità. È un valore da coltivare quello dell’unità, soprattutto all’interno della Chiesa rafforzando i legami di comunione e la sollecitudine per il popolo che vive su questa nostra terra. Finito il tempo dei campanilismi e delle parrocchie autoreferenti si tratta di crescere verso un volto di Chiesa sempre più disegnato dalla comunione di carismi e ministeri e dare una fisionomia familiare alle nostre comunità, mettendo al centro la persona ed il suo vissuto, ridefinendo la pastorale nei suoi tempi, nei suoi ritmi, nelle sue modalità”.
Sono diverse le diocesi nelle Marche che devono attendere un nuovo pastore, tra nomine ad altri incarichi e raggiunti limiti di età. Il Papa ha fatto qualche rivelazione?
“Papa Francesco qui è stato simpaticissimo. Con grande naturalezza ha detto che si trovava praticamente anche lui al termine del suo mandato con la prospettiva del… pensionamento, quando gli hanno annunciato di cambiare la diocesi. E diventare Vescovo di Roma. Capite perché sembra uno di noi? Era il Papa a dire queste cose… ci scherzava sopra per raccontare un fatto che sta cambiando la storia. In ogni cosa dobbiamo aspettare la volontà del Signore e leggere il suo disegno”.
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