ROMA – L’avvocato Gianfranco Amato, presidente dell’Associazione Giuristi per la Vita ha esposto denuncia il 9 maggio presso la Procura di Roma contro gli artisti che durante il concerto del primo maggio hanno fatto una sorta di parodia della messa.
Secondo il querelante durante il concerto si sono configurati il reato di offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone previsto e punito dall’art. 403 c.p., il reato di offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di cose previsto e punito dall’art. 404 c.p., ed il reato di atti osceni in luogo pubblico previsto e punito dall’art. 527 c.p.
Come i lettori ricorderanno, i fatti contestati sono avvenuti davanti alla Basilica di San Giovanni in Laterano, che, essendo la cattedrale di Roma, è uno dei luoghi più importanti della religione cristiana.
Il clima di intolleranza verso la religione cristiana, anche se i mezzi di informazione non ne parlano, sta diventando sempre maggiore: questo infatti è solo l’ultimo di una serie di atti rivolti contro i cristiani e ci impone qualche riflessione.
La prima cosa che vorremmo mettere in evidenza è lo stupore che deriva da una sorprendente disparità di trattamento: quando ad essere offese sono altre religioni, come l’ebraismo o l’islam, scatta, giustamente sottolineiamo, una gara fra politici, giornalisti, e opinionisti a chi più stigmatizza gli atti o le parole che hanno offeso i fedeli di queste importanti religioni.
Tutt’altra atmosfera si respira invece quando ad essere vilipesa è la religione cristiana. In tali circostanze, quando va bene, a farsi sentire, oltre ad alcuni coraggiosi pastori, sono solo quei politici più vicini alla Chiesa. Raramente si registrano altre dichiarazioni di disdegno o attestazioni di solidarietà verso i cristiani offesi da parte di altri esponenti del mondo politico o culturale.
Viene da domandarsi come mai ci sia una così gran differenza di trattamento. Le risposte possono essere molteplici. Se si inquadra il problema prendendo in considerazione il peso della religione nel contesto europeo, si può affermare che gli abitanti del vecchio continente, a causa del sempre più massiccio secolarismo, non si identificano più con una religione. Essi sono piuttosto inclini a riconoscere come religiose le tante persone che sono venute a vivere in Europa e che spesso appartengono a tradizioni religiose non cristiane.
In un certo senso, quando vengono colpiti i cristiani, è come se non venisse colpito nessuno. E ciò accade anche perché, secondo il modo tipico di pensare della post-modernità, la religione è qualcosa di privato e confinato nella coscienza, o almeno così deve apparire a una gran parte di europei che vedono forse nell’aspetto pubblico delle altre religioni una sorta di retaggio del passato, col quale comunque bisogna convivere. L’offesa verso i cristiani, al contrario di quanto avviene per le altre religioni, viene percepita come individuale e non come un atto contro l’intera comunità dei credenti.
Una tale visione delle cose ha la sua genesi nella storia degli ultimi due secoli e particolarmente nella rivoluzione francese e nel liberalismo ottocentesco.
In Francia, con la fine dell’antico regime, si è scatenata una vera e propria guerra contro la vecchia religione: si è messo in atto il grido di battaglia di Voltaire che affermava la necessità di “ecrasez l’infâme”, cioè di “schiacciare l’infame”, dove l’infame è il cristiano.
Stessa cosa si è avuta in Italia con il liberalismo: mentre in linea di principio si proclamava un’uguaglianza di tutte le religioni, di fatto il cristianesimo veniva considerato un po’ meno uguale degli altri, anche a dispetto della sua diffusione nel Paese.
Questo clima culturale degli ultimi due secoli, ben documentato in libri come “La cacciata di Cristo” di Rosa Alberoni o nei testi della storica Angela Pellicciari, ha fatto sì che il cristianesimo divenisse di fatto col passare del tempo una religione di serie “B”.
Un grande influsso nel fenomeno di marginalizzazione della religione è stato esercitato nel secolo scorso dall’ideologia marxista e da quella più recente del politically correct che ha di fatto suscitato una sorta di schizofrenia per cui, spesso e volentieri, i diritti delle minoranze finiscono per schiacciare quelli della maggioranza che si sente sempre più estromessa e culturalmente insignificante.
Qual è l’atteggiamento che fino ad ora i cristiani hanno avuto davanti a una simile situazione? Come hanno risposto agli attacchi denigratori verso la loro fede?
La risposta, lo dobbiamo riconoscere, è stata molto blanda forse perché si sono proprio rassegnati davanti al fatto di essere considerati come cittadini appartenenti a una categoria inferiore.
In casi simili a quello verificatosi durante il concerto del primo maggio, i cristiani non hanno risposto alle offese subite perché hanno temuto che le loro reazioni avrebbero potuto finire per fare pubblicità ai loro aggressori.
Altre volte infine si sono rassegnati anche perché vedono nella persecuzione qualcosa di inevitabile e addirittura di annunciato nel Vangelo.
Se da una parte questo è vero, dall’altra bisogna pensare che siamo cristiani del XXI secolo. In un mondo che predica sempre di più la tolleranza e il rispetto per la diversità (virtù che sono state prese in prestito proprio dal cristianesimo!) il cristiano non si può sentire fuori da tale discorso.
Pensiamo che il cristiano, in primo luogo, debba tornare a sentirsi pienamente e legittimamente inserito nella società e rispettato per i valori di cui, al pari di altri, è portatore. In tale logica il suo sentimento religioso deve essere rispettato allo stesso modo in cui giustamente si prova rispetto per le altre credenze religiose.
Quando questo rispetto viene meno, crediamo sia giusto agire come ha fatto l’avvocato Amato: è necessario ricorrere agli opportuni strumenti legali al fine di vedere tutelato e rispettato il proprio credo. In una tale azione il cristiano deve essere all’altezza del nome che porta e agire, evitando qualsiasi vittimismo, non per odio o risentimento nei confronti di chi lo ha offeso, ma per spirito di giustizia: le reazioni alle discriminazioni eventualmente subite non devono mai essere scomposte e animate da sentimenti di contrapposizione ideologica o, peggio ancora, di fanatismo religioso.
In tal senso ci sembra positiva l’intenzione del querelante di devolvere l’eventuale risarcimento in favore del monastero di S. Lazzaro e S. Maddalena di Pietrarubbia, un gesto che ci fa capire il valore anche simbolico di questa azione legale.