Una Chiesa che si dice pronta a “scendere in piazza” per promuovere sempre, in ogni circostanza, la vita e i diritti fondamentali e che invita i credenti ad adoperarsi per “difendere la democrazia”. L’udienza concessa da Papa Francesco alla presidenza del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa il 10 maggio, all’indomani della Festa d’Europa, ha fornito l’occasione per fare il punto sull’attività del Ccee e per un ampio confronto su impegni e priorità dei vescovi europei.
L’agenda della Ccee. In cima all’agenda dell’organismo ecclesiale che ha sede a San Gallo, in Svizzera, figurano il nodo della libertà religiosa, la promozione dell’iniziativa dei cittadini denominata “Uno di Noi” volta alla tutela dell’essere umano fin dal suo concepimento, le riflessioni sempre attuali sul rapporto fede-politica, la dimensione ecumenica. Il Santo Padre ha ricevuto il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, affiancato dai vice presidenti cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente Cei, e monsignor Jozek Michalik, arcivescovo di Przemysl (Polonia). Il primo bilancio della visita in Vaticano evidenzia – nelle parole dei responsabili Ccee – la necessità, e la corrispondente volontà, delle Chiese di una rinnovata presenza nelle maglie della società europea, segnata da “una crisi profonda, etica, antropologica, spirituale, dunque non solo economica”, come sottolinea il card. Bagnasco. In questo senso i cristiani sono chiamati a una coerente e moderna testimonianza evangelica, per un “risveglio delle coscienze” e per la tutela dei più piccoli, degli ultimi, degli esclusi.
I sei patroni d’Europa. Il card. Erdő racconta: “Abbiamo portato in dono al Santo Padre un’icona che rappresenta la vergine Maria con il bambino, accanto ai quali sono raffigurati i sei santi patroni d’Europa”. Una indicazione apparentemente “di colore”, ma che consente al porporato ungherese di puntualizzare: “I sei patroni” (i santi Benedetto da Norcia, Metodio, Cirillo, Caterina da Siena, Brigida di Svezia, Edith Stein) “rappresentano le diversità di cui si compone” il continente; “queste identità differenti – aggiunge – prese insieme costituiscono l’identità europea. L’Europa unita infatti si costruisce non già trascurando o negando le specificità nazionali, ma riconciliando le diversità in un’identità superiore e comune”. La quale non può prescindere da “una vera riconciliazione tra i popoli e gli Stati”, dall’azione caritativa “senza la quale la fede è un contenitore vuoto” (Bagnasco), dalla costruzione della giustizia sociale e della pace, da legami di solidarietà verso le nazioni più povere.
Le dimensioni della crisi. “La crisi, come si è detto, non è solamente economica, ma, è crisi etica e antropologica”, riprende il card. Angelo Bagnasco appena uscito dai palazzi vaticani. “Si tratta di una crisi nemmeno solo europea, bensì mondiale e globale nel senso che tocca tutti gli aspetti” dell’esistenza. In questo contesto “si può osservare come le difficoltà che si sperimentano nella politica derivino da una destrutturazione etica”. La comunità cristiana in Europa deve dunque muoversi nella direzione di un recupero dei “punti fermi”, di valori universalmente condivisibili che pongano al centro il bene dell’uomo e della società nel suo complesso. L’assemblea Ccee di inizio ottobre è non a caso convocata attorno a un titolo emblematico: “Dio e lo Stato. Tra laicità e laicismo”.
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