Vescovi e superiori religiosi di nuovo sotto la luce dei riflettori per ribadire tutto il loro impegno per la giustizia, a fianco delle vittime degli abusi sessuali. Un impegno a tutto campo dimostrato alla stampa nel corso di una conferenza a Bruxelles. È stato presentato oggi il Rapporto 2012 redatto dalla Commissione interdiocesana per la protezione dei bambini e dei giovani sul lavoro fatto dai 10 “punti di contatto” istituiti dalla Chiesa un anno fa presso le 8 diocesi del Belgio, uno per le Congregazioni religiose francofone e uno per quelle fiamminghe. La linea guida dell’azione messa in atto è spiegata nel Rapporto con queste parole: “Chiudere gli occhi e far finta che nulla di grave sia successo, è negare l’ingiustizia. La problematica deve essere messa in luce nella sua interezza. È la sola maniera di riparare l’ingiustizia, prevenire il suo ripetersi e soprattutto trasformare ‘l’ingiustizia del passato’ in un ‘diritto per l’avvenire’”.
I punti di ascolto. Dopo lo choc degli scandali, il Belgio si rivela essere all’avanguardia sul fronte della “tolleranza zero”. Due sono le possibilità date alle vittime per denunciare gli abusi subiti: ci si può rivolgere a un Centro di arbitraggio istituito da un’apposita Commissione parlamentare oppure richiedere un incontro ai 10 punti di ascolto istituiti dalla Chiesa presso le diocesi e le Congregazioni religiose. I punti di ascolto – si legge nel Rapporto – garantiscono “accessibilità, confidenzialità e sicurezza”, visto che “non è facile per le vittime raccontare o ripetere ciò che hanno vissuto”. Qui le vittime o i familiari o anche testimoni possono trovare una prima accoglienza, ricevere consigli e un aiuto (se richiesto) dal punto di vista psicologico e legale incoraggiando sempre le vittime a segnalare i fatti alla polizia o alle autorità competenti accompagnandoli anche su questa via.
I dati. Nel 2012 sono state presentate complessivamente 872 denunce, delle quali 307 dai punti di ascolto istituiti dalla Chiesa presso le diocesi e le Congregazioni religiose. L’83% delle vittime ha oggi un’età superiore ai 40 anni e il 76% è di sesso maschile. Dal Rapporto emerge però che al momento dei fatti di abuso, il 95% delle vittime aveva un’età inferiore ai 18 anni di cui il 25% con un’età addirittura inferiore ai 10 anni. Ad abusare delle vittime erano per il 48% dei casi preti e per il 31% dei casi religiosi. Circa la metà dei fatti si sono svolti a scuola (45%) e in parrocchia (24%). I casi di abuso sono stati poi suddivisi dal Rapporto in 4 categorie: attentato al pudore senza violenza né minaccia; attentato al pudore con violenza e minaccia; violenza con penetrazione sessuale perpetrata su minore; stesso tipo di violenza ma aggravata da circostanze particolari. La maggior parte degli abusi riguarda la seconda categoria ma ci sono anche un 5,3% degli abusi che cadono nella categoria 4. C’è, comunque, da notare che l’84% dei fatti denunciati ha avuto luogo in un arco di tempo molto lontano che va dal 1950 al 1980 e soltanto il 16% negli ultimi 30 anni e ciò spiega anche una certa difficoltà nel ricostruire i fatti. Il Rapporto fa anche il punto sui risarcimenti finanziari riconosciuti alle vittime e sui rinvii alla giustizia, sebbene emerga che “la compensazione finanziaria non sia l’aspetto principale della guarigione per la maggioranza delle vittime”.
La scelta. “Rompere il silenzio”: questa la linea scelta dalla Chiesa del Belgio per venire incontro alle vittime. E se, da una parte, c’è la consapevolezza che è “impossibile cancellare il passato”, dall’altra vescovi e superiori religiosi riaffermano di volersi prendere “la loro responsabilità morale per l’ingiustizia causata a bambini e giovani nel passato da persone nella loro funzione pastorale”. Schierarsi, dunque, dalla parte delle vittime e “rompere il silenzio” perché “è inaccettabile tacere quanto la parola può salvare. L’ampiezza del problema non risiede solamente nell’abuso ma nel fatto che sia stato nascosto” spingendo le vittime a vivere il loro dramma nella solitudine.
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