Viaggio sola: Irene ha superato i quarant’anni, niente marito, niente figli e un lavoro che è il sogno di molti: Irene è l’“ospite a sorpresa”, il temutissimo cliente in incognito che annota, valuta e giudica gli standard degli alberghi di lusso. Oltre al lavoro, nella sua vita ci sono la sorella Silvia, sposata con figli, svampita e sempre di corsa, e l’ex fidanzato Andrea. Irene non ha alcun desiderio di stabilità, si sente libera, privilegiata. Ma è vera libertà la sua? Qualcosa metterà in discussione questa certezza… (www.trovacinema.it)
“Dopo l’uomo solo di Favino, dentro una storia sentimentale che finisce, Maria Sole Tognazzi sceglie una protagonista femminile e la imbarca letteralmente nel mondo. Perché l’Irene di Margherita Buy è una cittadina dell’airworld che ha fatto dei non-luoghi la sua dimora mobile. Una donna che rifiuta la stasi e preferisce le zone liminali all’inquietante certezza della vita ‘normale’. Angelo sterminatore a terra, Irene bacchetta con stile e discrezione chi dovrebbe offrire ai propri clienti un’esperienza indimenticabile, invitandoli a riconsiderare la gestione dell’albergo e a organizzarlo in modo migliore. Proprio come farà con la sua vita, in cui persevera determinata a bastarsi.
Almeno fino a quando non incontra una donna che come lei viaggia sola, affetta dal suo stesso nomadismo. Le parole e le teorie dell’antropologa, conosciuta ammollo in una spa, abbassano le sue difese, interrompendo la gestualità rituale e precipitandola nel ‘disordine’. E in quel disordine Viaggio sola rivela la sua originalità, scartando i cliché della commedia sentimentale come un cliente occasionale di un albergo esotico devierà il desiderio per Irene, corteggiata davanti a un bicchiere di vino servito intempestivamente. L’esecutrice intransigente ha un punto debole nella solitudine a cui fa da contrappunto la vita ‘familiare’ della sorella, moglie e madre dentro il quotidiano. Vivere negli interstizi rende difficile entrare in intimità con l’altro, stringere relazioni autentiche, nutrire un sentimento ma d’altra parte l’umano non può godere di tutto, non può avere tutto, non può essere tutto.
Quello che caratterizza Irene è l’esperienza del limite e quello che intende il bel film della Tognazzi è la capacità di misurarsi con quel limite e con la propria solitudine, la capacità di restare soli, la capacità di accettarlo. La risposta a cui giungerà non la sposterà più in là perché Irene è esattamente dove vuole essere e quello che vuole essere. La crisi, sfogata nell’amplesso con l’ex compagno, la risveglia consapevole o più consapevole delle decisioni prese. Irriducibile a una vita ordinaria, la protagonista (ac)coglie fino in fondo la sua natura sfuggente e l’asseconda dicendosi ad alta voce le rinunce ma pure la grande bellezza della scelta, della vocazione, della (propria) passione.
Il senso del film vive tutto negli occhi e nel portamento di Margherita Buy che fa del suo corpo il paradigma di una possibile modernità del femminile. Accanto a lei il passo indolente e spaesato di Stefano Accorsi e quello smagrito e irrequieto di Gianmarco Tognazzi, disorientati e accoglienti tra un ortaggio virtuale e uno reale. Coltivatori indiretti del maschile. Di un maschile che prova a essere migliore.” (Marzia Gandolfi –mymovies.it)
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