Competitività e lavoro. “È il momento di intensificare le riforme strutturali che avranno effetti sulla crescita e il lavoro che i cittadini dell’Unione, e in particolare i giovani, attendono con impazienza”: secondo il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, le “raccomandazioni” indirizzate il 29 maggio agli Stati sono “concrete, realiste e adattate alla situazione di ogni Stato membro”. Nel commentare i documenti diffusi dall’Esecutivo, Barroso ha segnalato in particolare le azioni per l’occupazione (fra cui le riforme dei mercati del lavoro e il miglioramento dei sistemi d’istruzione), per favorire gli investimenti produttivi e sostenere le imprese (accesso al credito), per favorire ricerca e innovazione. Barroso ha ricordato che proposte per ammodernare il mercato del lavoro sono state rivolte a 19 Stati; il contenimento della pressione fiscale sul lavoro è richiesto ancora a 19 Stati; l’adeguamento dei salari alla produttività a 5 Paesi; la riforma dell’istruzione spetta a 21 Stati. Altri “suggerimenti” riguardano, senza ordine di priorità, lo sviluppo della banda larga, il mercato unico, i sistemi previdenziali… A 10 Stati è indicato il rafforzamento delle reti di assistenza sociale, “perché non si può tollerare che 120 milioni di cittadini siano alle soglie” dell’indigenza. Le analisi condotte dalla Commissione su una mole gigantesca di dati, bilanci, documenti nazionali per le riforme, segnalano che “attualmente nell’Ue è in atto una correzione degli squilibri; la maggior parte degli Stati sta compiendo progressi in materia di risanamento di bilancio e sta attuando le riforme per aumentare la competitività. Tuttavia, il ritmo e l’impatto di questi sforzi varia”. Per questo alcuni Stati “devono accelerare le riforme o attuarle con maggiore urgenza”.
Dalla Germania alla Slovenia… Le raccomandazioni sono le più varie. La Germania, che Barroso conferma come la locomotiva economica dell’Europa comunitaria, deve aumentare i salari, “allineandoli a una produttività in aumento, così da favorire la domanda interna”. La Francia, invece, deve diminuire il costo del lavoro agendo sugli oneri fiscali e sociali e ha bisogno di “colmare i ritardi di competitività” e di moderare la spesa pubblica. L’Italia è raggiunta da sei diverse raccomandazioni che spaziano dall’eccessivo indebitamento ai ritardi nella ricerca, dal miglioramento del sistema scolastico alla lotta alla burocrazia e all’evasione fiscale. La Spagna ha imboccato la strada delle riforme, ma “restano squilibri preoccupanti”. Apertura di credito, dall’Esecutivo, per la Slovenia (“ha avviato le riforme”) e al nuovo governo della Bulgaria, mentre il Belgio non sembra marciare nella giusta direzione.
Rigore più crescita. Lo stesso Barroso, commentando le decisioni del collegio, ha rimarcato alcuni aspetti positivi per l’economia europea ma al contempo ha insistito: “Non è il momento di compiacersi, occorre proseguire sulle vie del risanamento dei conti e con azioni per favorire crescita e lavoro”. Non esiste, a suo avviso, una contrapposizione fra rigore e crescita, “è un dibattito futile. Bisogna agire nelle due direzioni”, perché si tratta di due facce della stessa medaglia. Gli hanno fatto eco i commissari Olli Rehn (economia e moneta), Laszlo Andor (occupazione e affari sociali), Algirdas Semeta (fisco). In particolare Olli Rehn ha spiegato: “È molto chiaro che bisogna fare il possibile per sostenere crescita e creazione di posti di lavoro”, agendo allo stesso tempo per rimettere progressivamente ordine nei bilanci nazionali, “premessa necessaria” per tornare allo sviluppo.
Procedure per disavanzo. Italia, Lettonia, Ungheria, Lituania e Romania: sono i cinque Paesi per i quali la Commissione raccomanda al Consiglio Ue di abrogare la procedura per i disavanzi eccessivi, “preso atto delle riforme strutturali avviate e dei dati sui conti pubblici” in questi Stati. Tra le altre decisioni della Commissione figurano: l’avvio della procedura per disavanzo eccessivo nei confronti di Malta (rimangono così 16 i Paesi sotto osservazione) e la proroga dei termini per la correzione del disavanzo eccessivo in sei Stati, ossia Spagna, Francia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e Slovenia.