Di Alberto Camapleoni
Sta finendo l’anno scolastico, con l’ultima campanella che suona nelle classi e il tempo degli esami finali che si avvicina.
Per gli studenti, dalle elementari alle superiori, è tempo di bilanci, con pagelle e tabelloni che in qualche numero riassumono l’andamento di mesi di scuola. Bilanci che toccano anche agli insegnanti, i quali si trovano sì a giudicare i propri allievi ma, insieme, a valutare se stessi e il proprio lavoro.
L’aspetto della valutazione è particolarmente importante nel lavoro scolastico. Importante e complesso, se è vero che deve tenere conto di molte variabili, ben al di là delle “semplici” misurazioni di conoscenze e abilità. Importante, complesso e ineludibile, poiché non ci si può sottrarre al giudizio sull’esperienza, sui percorsi mirati delle materie come sulla più ampia gamma delle relazioni vissute, sui processi avviati in classe, in istituto, nel rapporto con le famiglie…
Valutare è una parola-chiave per la scuola e comprende anche la considerazione complessiva del sistema. Lo sforzo di misurare i risultati di realtà anche molto diverse tra loro, alla ricerca non dell’omologazione, ma delle pari opportunità. Le polemiche che ogni anno incontrano le prove Invalsi stanno in questo ambito, hanno a che fare con la difficoltà di mettere insieme esigenze di armonia e omogeneità e altre, legate alla considerazione del “particulare”, dei percorsi personalizzati, dell’unicità di persone e territori. È questo nodo che va sciolto e che resta, a fine anno, come compito per il prossimo. Porta con sé, tra l’altro, il tema spinosissimo della valutazione dei docenti e del merito… Bisognerà affrontarlo.
Sul tavolo dei responsabili della scuola italiana ci sono però altre questioni urgenti. Nei mesi scorsi, nei quali si sono avvicendati due ministri, almeno due temi forti sono rimbalzati all’attenzione di tutti: la cosiddetta “scuola digitale” e l’edilizia scolastica. In sostanza, la scuola che guarda al futuro e quella che più prosaicamente fa i conti con le dotazioni (scarse) del presente.
E se l’ex ministro Profumo ha cercato di spingere sull’acceleratore delle tecnologia – anche con provvedimenti contestati (si pensi alle polemiche sui libri di testo) – il neo ministro Carrozza è partito quasi con una “marcia indietro”, come a ricordare che prima dei computer vengono i muri e dichiarando che proprio l’edilizia scolastica è la priorità.
C’è, in questa dialettica, una fotografia eloquente della scuola italiana: non si può certo arrestare il cammino di modernizzazione, bisogna tenere il passo con le tecnologie – che non sono solo una risorsa “tecnica”, ma hanno a che fare con i bisogni degli allievi – e, nello stesso tempo, c’è la necessità di uno sguardo disincantato – ed efficace – sulla situazione reale del sistema scolastico, facendo i conti, dall’inizio, con nodi meno d’immagine e fascinosi e tuttavia determinanti. In questo il nuovo ministro ha cominciato bene, lasciando da parte gli “effetti speciali”. Ha chiesto più risorse, si è impegnato, col governo, nel far tornare la scuola una priorità nazionale, ha addirittura annunciato dimissioni nel caso non ci siano i soldi per gli investimenti necessari.
A cominciare, appunto, dall’edilizia. Ora aspettiamo di vedere come andrà avanti, scelte e passi concreti. Immaginando che per questo non ci sia alcun “fermo” estivo.
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