Di Francesco Rossi
La parola di Dio incarnata nelle gesta dei credenti. Sarà questa la riflessione che animerà la 63ª Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, in programma a Termoli dal 24 al 27 giugno 2013. “La parola di Dio nelle parole degli uomini” il titolo dell’assise, tradizionale appuntamento annuale del Centro di orientamento pastorale (Cop, www.centroorientamentopastorale.org), realtà composta da vescovi, sacerdoti e laici che ha tra i suoi scopi quello di “contribuire allo sviluppo della ricerca e dello studio pastorale in Italia” e “aiutare la vita di parrocchia come comunità partecipante e corresponsabile, incoraggiando lo sviluppo degli organismi di partecipazione”. Nei quattro giorni la riflessione sarà animata dalla volontà di dare concretezza a ciò che la Parola divina compie nella liturgia, nella vita dei cristiani e nel loro impegno di amore-carità verso il prossimo.
A presiedere il Cop è monsigno rDomenico Sigalini, vescovo di Palestrina e presidente della Commissione episcopale per il laicato, al quale il Sir ha chiesto una presentazione della Settimana.
Cosa spinge il Cop a occuparsi ancora una volta di “aggiornamento pastorale”?
“L’aggiornamento fa parte dello ‘statuto’ del Centro di orientamento pastorale. Per noi è di vitale importanza, significa tornare alla nostra missione di comunità cristiana e vedere se stiamo facendo ciò che si deve, in sintonia con i tempi che cambiano e l’insegnamento della Chiesa. È un’occasione per fare il punto sulle possibilità, le prospettive e le risorse che la Chiesa ha nel suo impegno caritativo e pastorale”.
Quest’edizione della Settimana riecheggia l’anniversario conciliare…
“È un lavoro che ci occuperà per tre anni. Abbiamo cominciato con la Parola, ma non necessariamente analizzeremo la ‘Dei Verbum’, anzi, la daremo per acquisita. Vogliamo piuttosto vedere come tutta la Parola di Dio sia stata artefice del Concilio, come ha fatto crescere questa bella esperienza di Chiesa e come adesso aiuta la carità, la liturgia e la crescita spirituale personale. Principi, questi, che partono dalla ‘Dei Verbum’, ma poi si allargano nella concreta vita del cristiano”.
Annuncio e ascolto della Parola come e quanto hanno inciso nella prassi pastorale di questi cinquant’anni?
“Questa è la domanda alla quale vogliamo dare risposta, durante la Settimana, facendo una revisione di quello che avviene, coinvolgendo i partecipanti per vedere come vivono il loro rapporto con la Parola – nella triplice dimensione della carità, della liturgia e della spiritualità individuale – e individuare esperienze significative, da proporre a tutti per farle diventare, appunto, una prassi. La ‘Dei Verbum’ sta certamente alla base, ma vogliamo sperimentare concretamente come questa parola di Dio, che parla anche oggi agli uomini, vivifica le nostre Chiese, ed eventualmente quali ulteriori passaggi siamo chiamati a compiere”.
Un appuntamento, quindi, che parte dal Vaticano II ma si propone di guardare avanti?
“È così. Certamente faremo memoria del Concilio, ma abbiamo pure una prospettiva di cambiamento della nostra prassi pastorale affinché la Parola abbia veramente e sempre più quella centralità che le spetta nella Chiesa”.
Nell’Anno della fede che stiamo vivendo ai cristiani è chiesto di farsi portatori di un rinnovato annuncio per raggiungere i “lontani”. Quali indicazioni ci vengono dal Vaticano II?
“Ci è chiesto innanzitutto di essere più coraggiosi – e Papa Francesco ce lo sta dimostrando in maniera straordinaria -, convinti della bellezza del dono che Dio ci ha fatto con la sua Parola e capaci di portarla a tutti. In secondo luogo dobbiamo uscire, andare nelle periferie: non crogiolarci nelle nostre considerazioni, magari continuando ad approfondire teoricamente tutti i documenti, ma metterci a contatto con la vita vera delle persone. Infine interrogarci su come la parola di Dio c’ispira nell’amore ai poveri e nell’aiutare i poveri, e quale ispirazione ci viene dalla Parola per le concrete scelte di carità che la Chiesa oggi propone”.
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