“Troppo spesso i credenti, perfino quanti partecipano attivamente alla vita ecclesiale, cadono in una sorta di dissociazione tra la fede cristiana e le sue esigenze etiche a riguardo della vita, giungendo così al soggettivismo morale e a taluni comportamenti inaccettabili” (Evangelium vitae, 95).
Con queste parole il beato Giovanni Paolo II si avviava alla conclusione della grande enciclica sul valore e l’inviolabilità della vita umana. Parole che risuonano con particolare intensità nel pieno dell’Anno della fede, perché proprio la fede cristiana ha una forza etica, cioè determina l’agire morale dei credenti.
Ora, la dissociazione di cui parlava Giovanni Paolo II non riguarda la ricorrente e grave dicotomia tra il dire e il fare, tra il parlare e l’agire; tocca invece, in maniera originale, il rapporto tra fede e scienza. È strano, ma è così! Di per sé tra i due ambiti non vi è contrapposizione, perché in modo distinto, ma insieme, permettono di conoscere la realtà. Questo è quello di cui è convinta la Chiesa. Oggi, però, vige un inquietante dogmatismo, che, pur non appartenendo né all’ordine della fede né a quello della scienza, si impone in modo inquietante.
La nostra società ha espresso, talvolta con il consenso popolare, convinzioni che diventano autentici dogmi, come il riconoscimento della libertà di scelta. Questa dovrebbe sempre essere garantita, anche indipendentemente dal suo oggetto specifico. È il caso dell’aborto: affermare la profonda ingiustizia dell’uccisione di un essere umano nella fase iniziale del suo sviluppo equivale a mettere in discussione la libertà di compierlo. Sarebbe un voler ritornare indietro, un oltraggio ai diritti civili. Neanche si accetta di parlarne: ormai l’aborto è considerato una conquista di civiltà. E davanti all’affermazione di un presunto diritto i cervelli vengono spenti!
Eppure, sarebbe necessario conoscere le acquisizioni, cui è giunta la biologia umana nello stabilire che il frutto del concepimento è già uno di noi e che ciascuno di noi è stato embrione. La fede, dal canto suo, accoglie questi dati e li potenzia, conferendo un quadro meraviglioso: Dio è all’opera nel segreto del grembo materno, come insegna la sacra Scrittura. Da queste premesse di fede, ma anche di ragione, discende il naturale impegno a favore della vita umana, che deve essere difesa fin dal suo sorgere. Espressione di questo coerente modo di pensare è l’iniziativa europea “Uno di noi”.
L’esperienza di questi giorni mostra che non pochi cristiani, pur praticanti la celebrazione domenicale, hanno avuto difficoltà a mettere la propria firma in difesa dell’embrione umano. “Dobbiamo allora interrogarci – scriveva Giovanni Paolo II – con grande lucidità e coraggio, su quale cultura della vita sia oggi diffusa tra i singoli cristiani, le famiglie, i gruppi e le comunità delle nostre Diocesi”. Si rivela urgente l’impegno nella missione evangelizzatrice per far maturare un forte senso critico nei confronti dei nuovi dogmatismi e per discernere i veri valori e le autentiche esigenze.
In Italia molto è stato fatto: si pensi alla mobilitazione popolare a difesa della legge che ha fermato il far west nel campo della procreazione umana. Occorre continuare lo sforzo della formazione delle coscienze, anche davanti al cedimento di alcuni Paesi europei al riguardo del matrimonio e dell’adozione dei figli. Anche su questi temi la fede diventa cultura e il Vangelo aiuta la società.