Di Padre Gabriele di Nicolo
Continua la rubrica sulla partecipazione alla Messa.
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Risposta alla Parola di Dio
Nel brano biblico cui abbiamo fatto riferimento nella precedente puntata (Libro di Neemia cap. 8), il popolo reagisce all’ascolto della Bibbia con il pianto, ma Neemia e i Leviti invitano il popolo a non rattristarsi e così il pianto si trasforma in gioia e festa.
La risposta alla parola di Dio, nella vita, è il pianto che si fa conversione e la gioia che diviene forza di amore verso i fratelli.
La risposta alla parola di Dio nella liturgia della Messa è:
il Credo (la professione di fede). Al centro, c’è il mistero pasquale di Cristo e poi tutte le verità ad esso legate: dalla creazione… alla vita eterna. Si recita tutti insieme. Non possiamo accontentarci di una recita meccanica, un ripetere a memoria la Professione di fede quasi come una “filastrocca” (ci si perdoni il termine), è importante pensare alle parole che si pronunciano e al senso che possono avere per la nostra vita, siamo chiamati a farlo sempre, specialmente in questo anno dedicato proprio alla Fede. Anticamente nella Chiesa il Credo veniva “consegnato” ai catecumeni (cioè quelli che si preparavano a ricevere il battesimo) perché potessero sperimentare nella loro vita queste verità di fede e poi lo “riconsegnassero” facendo la loro professione davanti a tutta la comunità cristiana. La recita del Credo nella Messa è per noi ogni volta, in certo senso, una consegna e riconsegna della Professione della Fede, con l’impegno di viverla e testimoniarla nella vita quotidiana per poi riproclamarla nuovamente nell’Assemblea liturgica.
C’è poi la preghiera dei fedeli.
Quanto alla formulazione della preghiera, è bene che sia breve e chiara ( oltre che secondo la fede cattolica, secondo la carità e l’umiltà), e sia volta al Signore come “vera preghiera” e non come “suggerimento a Dio” o come manifesto delle proprie idee…! Teniamo conto che, a conclusione di ogni intercessione, l’assemblea risponde: Ascoltaci, Signore. Ciò significa che tutto il popolo presenta al Signore come “sua” quella intercessione. Questo non deve paralizzare chi fa una preghiera, deve soltanto rendere responsabili e umili.
Quanto alle richieste da presentare al Signore, l’ordine tradizionale è questo: la Chiesa universale, i pastori e ministri, la società civile e le sue necessità, i poveri e ogni persona sofferente. Vengono poi le necessità della comunità locale e alcuni motivi di interesse mondiale (attualità). Questo ultimo momento, nel rispetto di quanto detto sopra, è aperto alla comunità tutta. Sarà il lettore o l’animatore della liturgia a ordinare l’andamento delle preghiere.
È bene ricordare che non necessariamente devono essere lette le intenzioni proposte nei vari foglietti domenicali stampati e utilizzati nelle parrocchie, esse possono essere adattate secondo la realtà della comunità locale, secondo gli avvenimenti di attualità ecc.
Segue la Presentazione dei doni.
Quello che noi chiamiamo offertorio, è meglio definirlo come presentazione dei doni.
Per l’invocazione allo Spirito Santo pane e vino saranno trasformati nel corpo e nel sangue di Cristo. L’offerta in denaro (o altro) è un segno concreto di partecipazione sia alla liturgia in atto, sia alla vita della Chiesa (edificio, istituzioni, sacerdoti, poveri, attività parrocchiali…). In alcune circostanze si dà una intenzione particolare (Missioni, Caritas, Seminario, catastrofi naturali…).
Tutti presentano i doni e quindi tutti sono “offerenti”. Quelli che “fanno dire la Messa” o che “prenotano la Messa”
(espressioni poco corrette!) pongono una intenzione “speciale” (defunti, grazie ricevute…) e fanno cosa molto buona.
Ma la Messa è sempre di tutti, perché il vero “offerente” è il Signore assieme a tutta la Chiesa, che è il suo corpo. Inoltre è bene ricordare che ogni parroco, la domenica, celebra sempre una Messa “pro populo”, cioè mettendo in essa le intenzioni di tutta la comunità parrocchiale (i defunti delle famiglie della parrocchia ecc.).
Indicazioni concrete:
–L’altare rappresenta Cristo stesso: alla Messa della Dedicazione della Chiesa infatti viene consacrato dal vescovo col santo Crisma, il sacerdote lo bacia e lo profuma con l’incenso. Va dunque tenuto pulito e sgombro da tutto ciò che lofarebbe apparire come un supporto o un tavolo da lavoro. Bastano le candele, i fiori (pochi e belli), il Messale (se non c’è il ministrante che può prepararlo al momento della presentazione delle offerte) e l’impianto audio.
–Soltanto al termine della liturgia della parola, vengono portati il pane (ostie) e il vino (ampolla). L’eventuale processione dei doni sia fatta bene, con calma e decoro. Se c’è il coro, accompagni il momento liturgico col canto.
E’ bene che la raccolta in denaro o in generi sia concomitante alla presentazione del pane e del vino. Non è bene (e disturba molto) continuarla durante il prefazio e la grande preghiera eucaristica. La raccolta poi verrà deposta nei pressi dell’altare.
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