ITALIA – Viviamo in un’epoca di transizione: dalla società della comunicazione di massa ci stiamo muovendo verso la società della convergenza. Dalla comunicazione verticale (emittente – pubblico) siamo ormai immersi nella comunicazione orizzontale (pubblico – emittente – pubblico). L’Istituto della Enciclopedia Italiana presieduto da Giuliano Amato e il Politecnico di Milano hanno organizzato un convegno su “Web e democrazia” che si è svolto a Roma il 24 giugno. “Siamo ormai all’analisi del voto e non più durante la campagna elettorale, quando l’idea di questo convegno è nata”, ha detto Amato aprendo i lavori. “Di conseguenza oggi valuteremo i risultati di questa trasformazione della politica ai tempi del web ma non ne discuteremo nell’ottica di una contrapposizione fra coloro che pensano che il web sia democrazia tout court e coloro che invece hanno un’opinione diversa. Cercheremo solo di capire cosa stia accadendo e in che modo questa evoluzione stia influenzando la politica italiana”. Le due relazioni introduttive sono state tenute da Mario Abis, fondatore dell’istituto di ricerca Makno, il primo “Osservatorio socio politico e sistema di previsioni politiche per l’Italia”, e da Giuliano Noci, vice rector for China e full professor of marketing del Politecnico di Milano. Come discussant erano presenti, Alberto Abruzzese, Juan Carlos De Martin, Mauro Magatti, Gianluca Nicoletti, Antonio Polito e Stefano Rodotà.
Sono 19 milioni gli italiani “convergenti”, sempre connessi. “Sono ormai 19 milioni i ‘convergenti’ in Italia, le persone cioè che sono perennemente connesse con strumenti diversi: pc, tablet e smartphone”, ha detto Mario Abis. “Rappresentano il quarantanove per cento della popolazione nella fascia compresa fra i 15 e i 65 anni. Ma se li confrontiamo con la fascia generazionale delle persone con un’età compresa fra i 15 e i 35 anni la percentuale cresce in modo esponenziale, fino quasi a coincidere con il cento per cento”. Secondo Abis il fenomeno propone tre domande agli studiosi. La prima è: chi detta i temi e chi controlla i contenuti? La seconda: come si aggregano i pubblici e come si formano le comunità? La terza: come si diffondono i messaggi?
Come “ingaggiare” i nuovi cittadini convergenti. “Nella società caratterizzata dalla comunicazione di massa di tipo verticale – ha spiegato Abis -, le dinamiche del consenso prevedono una sola formula: l’adesione a comunità chiuse e con una struttura rigida. Nella società di oggi, caratterizzata dal peso crescente del fenomeno della ‘convergenza’, si tende ad esaltare invece la ‘dinamica sociale” e le comunità di riferimento sono aperte e in una fase di continua modificazione”. Secondo Abis, però, il vero problema è nei numeri. “Viviamo nel pieno della fase della transizione e i numeri sono ancora molto contraddittori. Si passa dagli 80mila seguaci di Grillo sul web ai venticinque milioni di elettori. C’è una distanza molto ampia che deve essere ancora colmata per capire come ingaggiare i cittadini convergenti del futuro”.
Un uso ancora molto “naif” degli strumenti della convergenza. Anche secondo Giuliano Noci il problema principale rimane quello dei numeri. “La politica italiana fa ancora un uso molto naif degli strumenti della convergenza”, ha detto. “Basterebbe fermarsi ad analizzare i numeri comparati degli utenti di Facebook e di Twitter. Gli utenti di Facebook in Italia sono oggi circa ventitré milioni. Gli utenti iscritti a Twitter sono invece tre milioni e mezzo e di questi solo la metà lo usa abitualmente. Ma i media italiani subiscono il fascino di Twitter e i politici preferiscono usare questo strumento invece di Facebook. Twitter è diventato un modo per essere visibile sui media tradizionali”. Secondo Noci, la politica ha un po’ sopravalutato il fenomeno della rete. “Se si analizzano i numeri in profondità, infatti, si scopre che, fatto cento l’universo degli utenti del web, solo una percentuale ridottissima, l’uno per cento, è attivo e propone temi di discussione e contenuti. Poi c’è uno zoccolo duro del solo nove per cento che risponde a questi stimoli e li ripropone alla rete creando il fenomeno della comunicazione virale. Il rimanente, e cioè il novanta per cento, ha un atteggiamento passivo”.