“La pubblica amministrazione è in ritardo sul digitale”, afferma il ministro dei Beni culturali, Massimo Bray. “La Chiesa è invece molto avanti”, dice padre Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica”. Lo scambio di battute è avvenuto oggi (4 luglio), a Roma, durante “BigTentRoma”, un convegno sul “ruolo del digitale per la cultura e l’industria dei contenuti” organizzato da Google. All’incontro ha partecipato anche l’ingegnere americano Vint G. Cerf, vicepresidente e “Chief Evangelist” di Google (una definizione che indica il suo ruolo: andare per il mondo a spiegare i vantaggi del web).
Il ministro: lanciare l’inventario del patrimonio culturale italiano. “Dobbiamo lanciare l’inventario del patrimonio dei beni culturali del nostro Paese”, ha detto il ministro Bray durante il suo intervento in apertura della giornata. “La Chiesa ha già cominciato a fare l’inventario del proprio patrimonio”, gli ha risposto poco dopo padre Spadaro, durante una tavola rotonda su “La creazione di valore attraverso le piattaforme digitali” alla quale partecipavano anche Rodrigo Cipriani, presidente di Istituto Luce, Marco Polillo, presidente di Confindustria Cultura Italia e l’imprenditrice Marina Salamon.
Rompere con il passato. “L’identità del Paese deve essere difesa dalla globalizzazione della cultura”, aveva detto Bray. “Si deve rompere col passato – ha spiegato il ministro -. Si deve superare l’idea di un web eccessivamente autoreferenziale e troppo legato a schemi di fruizione tradizionale. Il futuro sta proprio nel realizzare presenze digitali costruite intorno all’utente consumatore di cultura e, perché no, di turismo. Presenze di valore che offrano servizi e che permettano di fruire dei contenuti in maniera facile, immediata, multitarget. L’obiettivo comune deve essere uno: il passaggio a un’economia democratica della cultura. L’approccio si deve basare sull’apertura e sulla condivisione, sull’inclusione: in modo da permettere che il maggior numero possibile di persone si formi e viva pervaso di contenuti culturali, da intercettare e di cui avere esperienza anche sulla Rete. Per molti, solo sulla Rete. Il web, tra i media, è quello democratico per antonomasia”.
Padre Spadaro: Chiesa e Internet hanno molto in comune. Secondo il direttore de “La Civiltà Cattolica”, “la Chiesa e la Rete erano destinate a incontrarsi da sempre. Come la Chiesa, da duemila anni, così anche Internet è basato su due pilastri: la relazione fra gli individui e lo scambio di un messaggio. D’altra parte gli hacker sono stati in qualche modo ispirati dalla cultura dei grandi Padri della Chiesa come Agostino”. A differenza del mondo laico, “la Chiesa è molto avanti nel settore del digitale”, ha detto Spadaro guardando il ministro Bray seduto in prima fila.
Papa Francesco è radicalmente social. “Il lavoro fatto in questi anni dal Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali oggi si allinea con quello del Pontificio Consiglio della cultura. L’ultima ‘Plenaria’ del dicastero presieduto dal cardinale Ravasi è stata dedicata interamente alla cultura digitale e la mia relazione è stata ascoltata da tutti i cardinali consultori”. Anche Papa Francesco, secondo p. Spadaro, “è radicalmente social. Basta notare il suo sguardo in piazza San Pietro: non guarda l’orizzonte ma si rivolge direttamente ad ogni singola persona. Molto social, attento alla relazione con ognuno”.