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Repubblica Centroafricana, terra di nessuno dimenticata da tutti

La Repubblica Centrafricana è diventata terra di nessuno, dimenticata da tutti. Un luogo dove i mercenari ciadiani e sudanesi affiliati alla coalizione Seleka – al potere dal marzo scorso -, occupano il territorio, saccheggiano, ricattano, terrorizzano la popolazione, soprattutto i cristiani, con la forza delle armi. Un territorio strategico, al centro dell’Africa, la cui instabilità fa comodo a tanti, per fare affari illegali e portare fuori dal Paese, oro, diamanti, petrolio, altre risorse naturali. Un appello alla comunità internazionale perché intervenga con “un corridoio umanitario per proteggere i malati” e riportare pace e sicurezza nel Paese è lanciato dall’arcivescovo di Bangui mons. Dieudonné Nzapalainga, che abbiamo incontrato a Roma. L’arcivescovo avverte: il Centrafrica rischia di diventare “un covo di banditi e narcotrafficanti pronti ad attaccare tutta la macro-regione e i Paesi limitrofi: Sudan, Ciad, Camerun, Repubblica democratica del Congo, Congo Brazzaville”. Alcuni giorni fa i vescovi avevano inviato un messaggio al presidente di transizione Michel Djotodia, nel quale denunciavano “un tessuto sociale completamente lacerato” e chiedevano misure concrete.

Com’è oggi la situazione? Nel vostro messaggio alludete alla possibilità di un piano contro i cristiani…
“A Bangui è un po’ migliorata, ma siamo un territorio occupato. La loro presenza è fonte di paura, di angoscia e morte. In alcune zone regnano come signori, hanno diritto di vita e di morte sulla popolazione. Tutta l’amministrazione è stata saccheggiata, sono stati distrutti i documenti ufficiali. Perché saccheggiano gli ospedali, rubano le medicine, le automobili? Ci sono luoghi sacri come le scuole, gli ospedali, le chiese, le moschee che bisogna rispettare. Quando questi mercenari entrano in una città vanno subito a rubare dai preti o dalle suore. Le moschee invece non vengono toccate. Ci chiediamo se qualcuno abbia detto loro quali siano i principali obiettivi e quali no. Vogliamo che i responsabili dicano loro di rispettare i luoghi di culto, le scuole, gli ospedali e restituire tutto. Perché non intervengono? La popolazione comincia a chiedersi se l’arrivo a potere della coalizione Seleka sia diretto contro i cristiani. Abbiamo sotto gli occhi una situazione di ingiustizia, per cui tanti vorrebbero vendicarsi. Noi diciamo che le ragioni del colpo di Stato non sono religiose ma politiche. Ma bisogna dire no a questo tipo di comportamenti, perché rischiano di lacerare il tessuto sociale e provocare scontri tra le persone”.

Come responsabili delle diverse fedi state cercando insieme vie di pace, vero?
“Sì, fin dall’inizio ci siamo incontrati per informare le persone che non si tratta di una guerra di religione, per trovare modalità di mediazione e riconciliazione ed evitare che la situazione esploda. La gente continua a soffrire. Noi pastori, imam e preti vogliamo lavorare insieme conservare la coesione sociale. E’ una situazione di anarchia. Alcuni la sfruttano proprio favore”.

Saccheggiano anche le miniere d’oro e diamanti. Sono questi i veri interessi?
“Gli interessi sono molti e diversi: politici, economici, finanziari, religiosi. Ora vengono dal Ciad, dal Sudan. Ogni volta che un Paese viene occupato trovano collaboratori autoctoni che si mettono al loro servizio. Questo è sempre esistito e sempre esisterà. Ora sono tutti intorno alle miniere, nonostante sia vietato vendere i diamanti centrafricani. Vediamo vetture cariche partire verso il Ciad, il Sudan, il Qatar, senza nessun controllo. Dobbiamo smettere di farci manipolare dagli stranieri che hanno messo gli occhi sulle ricchezze centrafricane. Nella regione di Boromata c’è il petrolio, lì ci sono i cinesi. Questa zona non è stata occupata. Perché? Chi c’è dietro? Sappiamo solo che i centrafricani sono poveri e i loro beni sono stati saccheggiati. Vuol dire che qualcuno sta approfittando della situazione”.

Di cosa ha più bisogno ora la popolazione?
“Di sicurezza e pace. I Paesi dell’Africa centrale hanno deciso di inviare 2.000 soldati, ma non sono ancora arrivati, per questioni finanziarie. I giovani devono tornare a scuola e avere la possibilità di trovare un impiego. Molti disoccupati si sono uniti alla coalizione Seleka perché non hanno niente da fare. Così rischiano di diventare banditi. La comunità internazionale dovrebbe aiutare anche i contadini, perché i tre quarti dei campi non sono stati piantati, rischiano carestia e fame. La gente muore perché non ci sono medicine. Molti hanno paura di andare in ospedale o dal medico, c’è bisogno di un corridoio umanitario per proteggere i malati. Diverse ong sono andate via. I ribelli hanno rubato anche le loro vetture. Non rispettano nessuno. Ricordiamo alla comunità internazionale che le conseguenze dell’instabilità in Centrafrica possono estendersi a tutta la macro-regione. Per cui va presa una rapida decisione internazionale per evitare questa catastrofe umanitaria, economica, politica”.

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