L’invio dei settantadue dice la missione universale, al di là dei confini d’Israele. La geografia dell’incarico corrisponde a quella di Gesù, il mondo intero. Anche la condizione, il modus operandi – Gesù li manda a due a due – è lo stesso di Gesù: la vita di comunione è essenziale all’annuncio.
La grande povertà dei missionari è detta nell’immagine degli agnelli in mezzo ai lupi; è la fisionomia cristiana del testimone perché somiglia alla grande debolezza di Cristo sulla croce. La prima parola dell’annuncio è la pace, dono essenziale di Dio tra cielo e terra e di tutto e di tutti. Dentro l’annuncio della pace c’è il regno di Dio fattosi vicino.
In questo Vangelo comanda la gioia: tornarono pieni di gioia; rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli. Più avanti c’è Gesù che esulta nello Spirito Santo e, infine, la beatitudine degli occhi che vedono ciò che voi vedete. Dalla gioia del successo sui demoni che scappano a quella più profonda della figliolanza divina (il posto vicino al Padre). Infine la gioia è di Gesù, che in lui si fa preghiera di lode al Padre. La meraviglia è che questa gioia la provano solo i piccoli, quelli poveri. Altro che semplice appello morale! Nella piccolezza c’è nascosta la perla preziosa, il grande dono di Dio. La gioia riporta all’inizio del Vangelo di Luca, all’annunciazione quando l’angelo invitava Maria a gioire.
La gioia è cosa difficile, meno faticosa è la carità. La gioia è ardua, come la piccolezza. Vi entra chi è convinto che proprio la piccolezza è la cosa più desiderabile.