Da Zenit del 15/7/2013
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Come fanno il dolore e la sofferenza a diventare gioia? Quale pratica può far accettare la sofferenza fisica e morale per la salvezza di qualcun altro? E qual è la religione che riesce a dar senso alla sofferenza?
A queste ed altre domande sul mistero della “spiritualità della sofferenza” e sulle ragioni che alimentano l’azione dei mistici ha cercato di rispondere il giornalista e scrittore Luciano Regolo con il libro edito da Mondadori “Il dolore si fa gioia – Padre Pio e Natuzza due vite un messaggio”.
Luciano Regolo è un giornalista professionista, ha lavorato per “Repubblica”, “Oggi”, “A” e “Chi” e ha diretto “Novella 2000”, “Eva 3000” e “Vip”. Esperto di famiglie reali ha pubblicato numerosi libri di carattere storico-bibliografico.
Nel corso della presentazione del libro, svoltasi venerdì 12 luglio, al Circolo Nautico di San Benedetto del Tronto, l’autore ha confessato che “lui la sofferenza non l’ha cercata, ma gli è capitata addosso”. Ha conosciuto per la prima volta Natuzza Evolo, perché a lei ha chiesto aiuto per una giovane cugina a cui i medici avevano dato poche settimane di vita. Seppur impressionato dalla guarigione inspiegabile e miracolosa della parente, per anni ha svolto un lavoro giornalistico molto lontano dai mistici e dalla religione.
Ha rincontrato Natuzza in un anno in cui sembrava che tutto andasse male, in famiglia e al lavoro. Fu solo dopo essere stato chiamato al capezzale della mistica che decise di scrivere due libri di grande successo: “Natuzza Evolo: il miracolo di una vita” e “Natuzza amica mia” editi entrambi da Mondadori.
Quella della Evolo è una storia ancora oggi oggetto di controversie. Ragazza umile e analfabeta, è stata strumento nelle mani di Dio per innumerevoli opere di bene. Le sue effusioni di sangue che diventavano messaggi e immagini spirituali una volta assorbite dalle garze, sono ancora oggi al centro di un intenso dibattito tra scienza e miracoli. Così come la sua capacità di conoscere in anticipo la storia delle persone che incontrava e la capacità di interloquire con le anime defunte.
Nell’introduzione al libro “Il dolore si fa gioia”, mons. Luigi Renzo, Vescovo di Mileto-Nicotera- Tropea, ha scritto: “Fuori dal contesto di fede è umanamente impensabile accettare, anzi chiedere, come fa Natuzza il coinvolgimento con la Passione di Cristo. E il suo non è masochismo. Lei è pienamente convinta che quando si vuol bene, non ci si ribella, ecco perché è pronta ad offrirsi in ogni momento come anima-vittima al e col Crocifisso”.
Dopo aver letto gli acta beatificationis e i colloqui rimasti a lungo secretati, tra monsignor Rossi inviato della Santa Sede e Padre Pio, Regolo ha messo a confronto nel libro le esperienze mistiche del frate di Petralcina (apparizioni sacre, assalti diabolici, bilocazioni e stimmate) con quelli incredibilmente simili di Natuzza Evolo, attraverso le registrazioni e le testimonianze che lei diede ai suoi padri spirituali, don Barone e padre Cordiano.
Secondo l’autore, “è sorprendente scoprire quanti punti in comune ci siano tra i due grandi mistici. Due persone umili che cercano Dio non nei discorsi dei filosofi ma nella propria esperienza di vita, d’amore e di sofferenza, nel proprio modo di ‘portare la Croce'”. Per questo si possono definire due protagonisti della spiritualità contemporanea “scelti e mandati dal Cielo” come “messaggeri d’Amore” agli uomini di oggi.
“Le coincidenze che emergono sono talmente tante – ha aggiunto lo scrittore – che lasciano supporre che Padre Pio e Natuzza siano stati inviati sulla terra per portare lo stesso messaggio: se accetti la sofferenza in nome di Dio, il Paradiso scende sulla terra, e puoi provare la vera gioia”.
Mons. Renzo ha scritto che con questo libro l’autore “ha cercato di penetrare nelle viscere e nell’anima della mistica, ma anche di essere visto in un orizzonte più ampio e rappresentativo della ‘spiritualità della sofferenza’”.
“Possiamo credere o non credere – ha sottolineato il vescovo – ma con Natuzza e Padre Pio ci troviamo davanti a un mistero di grande fascino, capace di dare pace e serenità a chiunque. Non c’è stato nessuno che, dopo aver incontrato l’uno o l’altra, sia rimasto come prima”.
Nativi di Puglia e Calabria, uno sacerdote, l’altra madre di famiglia, Padre Pio e Natuzza hanno incontrato notevoli ostacoli nel loro cammino per far comprendere alle autorità il loro essere strumenti della misericordia del Signore.
Padre Agostino Gemelli che provò a capire se le piaghe di Padre Pio fossero autentiche, scrisse in Vaticano che il frate di Pietrelcina era uno “psicopatico e isterico”, un “soggetto da tenere isolato”. Lo stesso Gemelli pur non incontrando mai Natuzza Evolo, scrisse che era “isterica e pazza” e chiese al vescovo di Mileto l’internamento nel manicomio di Reggio Calabria.
I fenomeni di cui Natuzza era depositaria erano così strabilianti che alcuni pensarono che fosse indemoniata, tanto che a 15 anni le fu praticato un esorcismo. Sempre mons. Renzo ha osservato che a distanza di anni, si può constatare come “con la loro umiltà e ricchezza umana, la loro inquietante spiritualità, Padre pio e Natuzza, hanno tanto da insegnare all’uomo di oggi così distratto, svogliato e rinunciatario e così negativamente globalizzato nei riguardi della trascendenza e di una verità non soggettiva”.
In conclusione, Luciano Regolo ha ricordato che “il messaggio più forte che i due hanno lasciato riguarda il cosciente e appassionato sacrificio per salvare le anime soprattutto quelle dei peccatori”. Ricordando le parole della stessa Natuzza: “Quando avrete una sofferenza non tenetevela per voi e non ribellatevi, ma dite: ‘Signore grazie, perché mi hai dato la possibilità di averla’. Offritela per i malati, per i carcerati e per tutti quelli che si ribellano, che non accettano la loro sofferenza”.
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