Miss o non miss? Questo è il problema.
Se sia più nobile continuare a rassegnarsi alla vetusta passerella pur fatta vessillo, oppure porre fine all’indecoroso spettacolo della bellezza muliebre che sfila un tanto al chilo (viste le ragazze, meglio all’etto).
Nel dubbio, morire, dormire, sognare forse, direbbe il principe Amleto. Ma aveva altri dilemmi che valutare un centinaio di fanciulle in fiore senza nemmeno l’utilizzo dei test a risposta multipla. Condividiamo le sacrosante parole della presidente della Camera Laura Boldrini che denuncia il pessimo servizio reso alle donne dalla televisione del nostro Paese, in cui “solo il 2% delle donne esprime un parere, parla. Il resto è muto, spesso svestito, non ha modo di esprimere un’opinione”.
Giusto, giustissimo, bis. Ma siamo proprio sicuri che il problema sia la povera Miss Italia?
Perché si viene presi da un leggero senso di stordimento a leggere in simultanea le dichiarazioni forti della Presidente su tutti i siti dei principali quotidiani e, sempre sulla medesima homepage, nella colonna di destra, ammirare una variopinta offerta di servizi d’alto livello culturale quali: Samantha De Grenet a Forte dei Marmi, Sofia Vergara sceglie Mikonos, l’ex velina Veridiana in Sicilia, la modella di fitness a Miami. Se il lettore medio si chiede se sono vestite e se stanno esprimendo la propria opinione, rispondiamo, senza tema di smentite, che sono in costume e che non dicono una parola. Anzi, non viene loro nemmeno richiesto. Non è la loro funzione.
La mercificazione delle donne, del corpo delle donne, esiste eccome, ed è sotto i nostri occhi da così tanto tempo che sembra normale che, per vendere dallo spillo al transatlantico (per finire all’affluenza degli utenti sulle pagine web), i guru della pubblicità usino una bella ragazza possibilmente poco vestita. Ma così normale evidentemente non deve essere, se gli stessi pubblicitari per vendere lo stesso prodotto in altri Paesi, si lanciano invece su proposte ironiche, ardite, non convenzionali e, udite udite, senza donne ammiccanti. Eppure, la proposta avanzata nei giorni scorsi di porre un argine all’uso sessuale delle donne in pubblicità, è stata bollata da un noto quotidiano con un lamento accorato che denota il livello del dibattito: “Ci vogliono vietare…”.
Politica, si dirà. Forse, ma quando la Presidente Boldrini con un discorso sentito, militante e impegnato, sostiene che la decisione della Rai di sospendere Miss Italia è “una scelta moderna e civile e spero che le ragazze italiane per farsi apprezzare possano avere altre possibilità che non quella di sfilare con un numero. Le ragazze italiane hanno altri talenti”, commette almeno un’ingenuità. Quella di dimenticare che in fondo, il concorsone nazional popolare in tv è quasi una vetrina superata per quelle ragazze italiane che preferiscono coltivare talenti immediatamente visibili. Basta una scampagnata in leggerezza sui vari social network per rendersi conto che con internet la notorietà è a portata di mouse. Che gusto c’è a sfilare per ore in costume intero (e chi lo usa più?) e superare la durezza (sic) del televoto quando è tanto più facile postare con uno smartphone un paio di foto “artistiche” e aspettare che si scatenino i “like” e gli “share”, ché magari passa dalla pagina pure un talent scout del settore ed è fatta.
Da ultimo, volete un test facile da fare in famiglia per misurare l’innocuità della manifestazione ostracizzata? Provate a elencare le ultime cinque Miss Italia. Arduo? Ok, provate con le ultime tre.
Ancora difficile vero? Se la bellezza non può e non deve essere il parametro in cui una donna debba riconoscersi, il marcio della nostra Danimarca sessista forse va cercato un po’ più in là che sotto una corona da precaria.
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