Di Daniele Rocchi
La spiaggia di Copacabana questa sera e questa notte ha gareggiato con l’Oceano, con i giovani separati dalle onde solo da un sottile lembo di sabbia. Tre milioni, forse più. Un altro oceano, umano, o forse sarebbe meglio dire di cuori. Per nulla impauriti, stretti gli uni agli altri, a sfidare il freddo, si sono aperti solo per far passare Papa Francesco, un nuovo Mosè, per restare in tema di mare. Un passaggio lento. Papa Francesco ha assaporato i suoi giovani, li ha salutati, ha indirizzato loro abbracci, carezze, baci. Quasi singolarmente. Lo ha fatto in questi giorni e soprattutto questa sera, indicando loro una direzione, un cammino, verso una sorta di Terra promessa: “oggi il Signore continua ad avere bisogno di voi giovani per la sua Chiesa. Anche oggi chiama ciascuno di voi a seguirlo nella sua Chiesa e ad essere missionari”.
“Discepoli e missionari”. Ai giovani ha ricordato la storia di san Francesco d’Assisi che davanti al Crocifisso sente la voce di Gesù che gli dice: “Francesco, va’ e ripara la mia casa”. E ha chiesto loro di rispondere a questa chiamata con la stessa “prontezza e generosità” del Poverello di Assisi. Si tratta di edificare non una casa di muratura ma di carne “la Chiesa”, “amandola e lavorando perché in essa si rifletta sempre più il Volto di Cristo”. Una Chiesa da riparare e ricostruire, mettendo insieme quei pezzi che uno alla volta alcuni giovani hanno portato sul grande palco. Pezzo dopo pezzo la chiesa ha preso forma, sotto gli sguardi attenti e rapiti dei giovani. Colpiva la sincronia dei gesti dei giovani costruttori, ognuno sapeva cosa fare e come farlo, tirare su una trave, mettere un puntello, avvitare, aiutandosi uno con l’altro, senza spreco di forza e di risorse. Un segno di unità e di comunione. Una arcata dietro l’altra, fino ad issare la campana per sentirne i rintocchi. È l’ora! L’ora di “essere terreno buono, cristiani non part-time, non inamidati, di facciata, ma autentici”. Grande è la fiducia del Papa nei giovani, “so che voi puntate in alto, a scelte definitive che diano senso pieno alla vita”, e ancora più alta è la proposta “Gesù è in grado di offrirvi questo”. Le testimonianze lo confermano: quella del giovane ex drogato risorto grazie anche alla famiglia, di un giovane prete missionario, di una ragazza che ha incontrato Cristo nei versi di una canzone, del disabile che ha invitato i giovani a stringere la croce che portano al collo e ad alzarla per dire che la salvezza passa per questi due legni. E la croce viene issata sulla chiesa e illuminata. Risuona il canto ‘Dolce sentire’ che fa cantare tutti i giovani.
Ma non basta, bisogna puntare in alto. Per far parte della squadra di Gesù serve allenarsi “e allenarsi molto”. I giovani ascoltano, attratti dalle parole del Papa che li orienta evocando immagini a loro care, quelle dello sport, della Coppa del Mondo di calcio. La spiaggia lascia risuonare solo il rumore delle onde che sembrano prendere il sopravvento, ma le parole di Francesco sono altrettanto forti e risuonano nel cuore di tanti giovani. Molti sono in ginocchio, e vi resteranno per tutto il tempo della Veglia, altri stringono in mano il Rosario, altri ancora le mani dell’amico o della compagna vicina. C’è chi piange e non sono pochi. Le bandiere sono ripiegate, in alcuni casi diventano una specie di coperta. E quando i giovani applaudono, Francesco, per la prima volta in questa Gmg, chiede loro di fare silenzio e di sostare in preghiera. “Ognuno di voi – ha detto – sa il nome del seme che è entrato. Lasciatelo crescere. Dio se ne prenderà cura”. Serve allenarsi. Ma come? “La preghiera, i Sacramenti e aiutare il prossimo”: ecco la palestra per diventare veri “atleti di Cristo”. L’oceano di giovani sembra capire, le braccia del Papa si levano in alto quanto più alta è l’esortazione lanciata: “siete il futuro del mondo e pietre vive della Chiesa di Gesù. Siete gli atleti di Cristo! Siete i costruttori di una Chiesa più bella e di un mondo migliore”.
Sul palco entra la processione eucaristica. Il Santissimo viene esposto. L’oceano dei giovani è in ginocchio, in silenzio. Le onde continuano a urlare e a infrangersi, quasi a doppiare il canto che accompagna l’esposizione. Mentre l’oceano dei giovani è in silenzio. A guidarlo è ancora lui, Papa Francesco, Mosé dei giovani a Copacabana, colui che indica il cammino e soprattutto la meta, Cristo. La benedizione, silenzio assoluto e raccoglimento che prosegue fino all’uscita della processione eucaristica. I giovani restano in ginocchio e cantano il Salve Regina. Seguono le note di “Jesus Christ you are my life”, Gesù tu sei la mia vita, i giovani tornano cantare e a battere le mani. Contagiano anche i vescovi che si uniscono alla festa finale. L’oceano dei giovani fa sentire ora la sua voce, alta e forte. Anche le bandiere tornano a sventolare. La sfida contro le onde è vinta.