Cosa è accaduto ai bordi della Giornata mondiale della gioventù, come è stato visto un abbraccio le cui vibrazioni nell’anima sono andate oltre Copacabana, Rio de Janeiro e il Brasile? Come l’opinione pubblica ha seguito un Papa in cammino tra l’oceano dei giovani e l’oceano delle onde? Come è stata accolta la comunicazione di un Papa che ai piedi della croce ha parlato di Cristo ai giovani di sei continenti, tenuto conto che quello digitale è ormai a pieno titolo nell’esperienza della mondialità?
La gente, nelle città ancora trafficate o nei luoghi di vacanza, come ha accompagnato lo svolgersi di uno spettacolo in cui non ci sono stati copioni da recitare ma racconti di una vita in cui si sono uniti, come in un canto, il significato e la bellezza di credere, sperare, amare? Nelle piazze digitali, nell’intreccio invisibile delle connessioni, come si è inserito l’incrociarsi travolgente di relazioni e di volti?
Come, infine, hanno reagito i media presi spesso in contropiede da un evento spesso sfuggito a categorie interpretative e comunicative che hanno rivelato il loro affanno rispetto alla corsa di un Papa e di milioni di giovani verso l’essenziale, verso il futuro, verso Cristo?
La gente si è accorta che qualcosa d’imprevisto e molto strano è accaduto e si è chiesta come mai tanta vitalità, tanto futuro, tanto entusiasmo in una Chiesa che molti commentatori e opinionisti avevano dato per stanca, ammalata, triste e forse spacciata.
Due domande, a questo punto, sono sorte spontanee: perché un così clamoroso errore di valutazione e di previsione visto che si è assistito a un’irruzione di luce? Un Papa, sorprendente come Francesco, è il solo autore di una novità che resta sotto gli occhi del mondo?
È stato lo stesso Francesco a dare una risposta da Copacabana: nel ricordare Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, per i quali ha suscitato un applauso di affetto e di gratitudine, ha richiamato la continuità e la grandezza della missione di Pietro, una missione che non conosce confini di tempo e di spazio.
E non si può dimenticare che il seme delle Giornate mondiali della gioventù è stato posto da Paolo VI nel terreno della Chiesa e del mondo.
Per ricordare il filo che unisce passato, presente e futuro, il Papa ha scelto l’esperienza di Rio, vissuta anche altrove con pari intensità, dove la luce della fede, la “Lumen fidei”, pensata e scritta con il suo predecessore, è passata dalle pagine ai volti di milioni di giovani e di tutta la Chiesa.
La luce supera ogni frontiera, quella di Rio è arrivata anche tra coloro che erano ai suoi bordi e ha preso la forma di una domanda che abita, con ostinazione, il cuore dell’uomo: la domanda su Dio. E ora questo Papa, questi giovani, questa Chiesa continuano a suscitarla nella coscienza di ogni uomo e di ogni donna e offrono una risposta che viene da una sintesi alta del vivere, del pensare e del credere.
Ai bordi della Gmg qualcosa d’importante è avvenuto, magari timidamente e in silenzio.
Forse è solo l’inizio di un nuovo pensiero, forse è lo stupore davanti a un imprevisto paesaggio dell’anima, forse è la scoperta di se stessi, forse è il primo aprirsi di uno sguardo nuovo sul mondo e sugli altri.
Ai bordi della Gmg è iniziato un movimento. Occorrerà trovare linguaggi, occasioni e luoghi perché questa vibrazione continui, prenda sostanza e quota.
Come per i giovani delle precedenti ventisette Gmg anche per quelli di Rio c’è un compito a casa bello e irrinunciabile in compagnia di una Chiesa alla quale appartengono nella libertà, nella gioia, nella responsabilità. La luce di Rio è penetrata in quelle periferie esistenziali che, smentendo ogni pessimismo, sono abitate più da domande ultime che da insensibilità o indifferenza.
Ai bordi della Gmg, c’erano e ci sono anche i media ai quali oggi viene indicato un diverso percorso verso la verità e il bene, un percorso che non li allontana dalle regole e dai linguaggi professionali ma li trasforma da trincee per una sorta di autodifesa a luoghi aperti di ricerca dell’essenziale. Si tratta di scegliere tra il piccolo cabotaggio dell’ideologia e dello stereotipo e il mare aperto del dialogo tra il pensiero, la vita e la fede.
I giovani di Rio sono consapevoli che questa svolta dipenderà in buona misura dalla loro testimonianza, dipenderà dalla luce che sapranno portare nei luoghi della quotidianità, là dove l’ordinario prende il sapore dello straordinario. È una grande avventura, è l’avventura cristiana che corre su strade che attraversano il mondo e arrivano alle sue periferie. Il cammino continua con quell’arrivederci a Cracovia che è memoria e futuro, impegno e gioia, preghiera e servizio. Camminando s’apre cammino, anche ai bordi di una Gmg.