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A tu per tu con Alberto Romani, ingegnere e architetto esperto di araldica e liuteria

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – È pronto lo stemma pontificio di Papa Francesco che farà bella mostra di sé sul balcone dell’episcopio di San Benedetto del Tronto. L’opera è stata firmata dall’ingegnere e architetto Alberto Romani che abbiamo avuto il piacere di incontrare e intervistare. Alberto Romani è nato a San Benedetto del Tronto il 23 Dicembre del 1976. Dopo essersi laureato in “Ingegneria Edile – Architettura”, ha intrapreso la strada della libera professione ed è fondatore e presidente dell’Associazione Nazionale dei Laureati in “Ingegneria Edile – Architettura”. Inoltre si occupa di araldica (realizza stemmi) e liuteria (costruttore e restauratore di chitarre).

Può dirci qualcosa per introdurci nel mondo dell’araldica?

L’araldica ecclesiastica, in modo simile a quanto avviene per l’arte iconografica, non può prescindere dalle preghiere che l’artista recita durante la composizione dello stemma. La preghiera deve essere continua e in “favore” della persona che viene rappresentata nell’emblema stesso.

Sin dal suo concepimento, e durante il procedere della scrittura araldica, fino alla definitiva conclusione, il compositore entra in “confidenza” con il Signore, con la Vergine Maria, ma anche con i Santi che talvolta, per scelta del committente, vengono rappresentati attraverso i simboli nello stemma stesso. Chiaramente tutto ciò richiede tempo, concentranzione, pazienza, serenità da parte di chi realizza l’opera.

Badiamo bene che quest’arte, riferita all’ambito ecclesiale, vuole ricordare anche che sussiste la necessità di costante preghiera per i nostri Vescovi, Arcivescovi, Cardinali, Papi, i quali hanno voluto rappresentare la loro missione, il loro affidamento e le loro aspirazioni di fede attraverso un insieme di simboli.

A tal proposito, sottolineo il fatto che tale stemma è stato, non a caso, benedetto dalla Comunità dei Frati Francescani Minori Conventuali della nostra città, durante una celebrazione eucaristica domenica 4 agosto; il tutto a ricordare il legame istauratosi tra il nostro attuale Pontefice e la figura di San Francesco d’Assisi.

Quanto tempo ha impiegato per realizzare l’opera?

Ho realizzato quest’opera in circa 3 mesi e mezzo di tempo. Anche se uno stemma può apparire semplice da realizzare come disegno, tuttavia, ci sono delle tempistiche e dei procedimenti particolari, anche dovuti alla tipologia di materiale che viene utilizzato. Sottolineo poi il fatto che è particolarmente indicato, per le premesse fatte sopra, realizzare queste opere completamente a mano, cercando di evitare le realizzazioni industriali, perchè appunto verrebbe meno tutto l’aspetto spirituale. Per capirci, è come se un’icona venisse realizzata con delle macchine industriali!

Quale tecnica è stata utilizzata?

Ho anzitutto creato il supporto in lamiera zincata da 3 mm di spessore. Dopo averla calandrata e irrigidita nella parte posteriore con lamelle saldate sempre dello stesso materiale, ho dato il fondo con primer e vernice color chiaro (tonalità tra l’avorio chiaro e il sabbia). Dopo aver disegnato i contorni dell’emblema, ho utilizzato vernici sintetiche brillanti per esterni, nonché oro e argento dove occorreva.

È la prima volta che realizza oggetti del genere?

Ho già avuto modo di realizzare opere di questo tipo per privati, ma anche per l’attuale Papa Emerito Benedetto XVI e per il nostro Vescovo della Diocesi di San Benedetto Del Tronto-Ripatransone-Montalto, Sua Eccellenza Monsignor Gervasio Gestori. Ho anche realizzato uno stemma araldico per il “Gruppo Diocesano Ministranti per le Celebrazioni Solenni” che tuttora è in possesso del nostro Vescovo. Di recente ho avuto l’opportunità di realizzare uno stemma araldico per la “Pastorale Giovanile della Provincia Francescana delle Marche” dei Frati Minori Conventuali.

Può spiegare il significato della simbologia adoperata da Papa Francesco per la sua insegna?

Fondamentalmente, Papa Francesco ha conservato il suo stemma anteriore, che scelse già al momento della sua consacrazione episcopale. I simboli della dignità pontificia sono uguali a quelli che furono a suo tempo scelti da Benedetto XVI (mitra collocata tra chiavi decussate d’oro e d’argento, rilegate da un cordone rosso).

Lo scudo è totalmente di colore blu: questo colore, nella simbologia, indica il distacco dai valori mondani e l’ascesa dell’anima verso Dio; nell’araldica, simboleggia fedeltà, santità, castità, devozione e giustizia, nonché, bellezza, fortezza, vigilanza e perseveranza.

All’interno dello scudo, in alto, campeggia l’emblema dell’ordine di provenienza del Papa, la Compagnia di Gesù: un sole raggiante e fiammeggiante caricato dalle lettere, in rosso, IHS, che indicano il monogramma di Cristo. La lettera H è sormontata da una croce; in punta sono rappresentati in nero i tre chiodi della crocifissione.

In basso a sinistra (ovvero nel linguaggio tecnico “a destra dell’ombelico” dello scudo), si trovano la stella, mentre a destra (ovvero nel linguaggio tecnico “a sinistra dell’ombelico” dello scudo) il fiore di nardo. La stella, secondo l’antica tradizione araldica, simboleggia la Vergine Maria, madre di Cristo e della Chiesa; mentre il fiore di nardo indica San Giuseppe. Nella tradizione iconografica ispanica, infatti, San Giuseppe è raffigurato con un ramo di nardo in mano. Ponendo nel suo scudo tali immagini, il Papa ha inteso esprimere la propria particolare devozione verso la Vergine Santissima e San Giuseppe.

Il motto del Santo Padre Francesco è ripreso dalle Omelie di San Beda il Venerabile, sacerdote (Om. 21; CCL 122, 149-151), il quale, commentando l’episodio evangelico della vocazione di San Matteo, scrisse: “Vidit ergo Jesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi Sequere me” (Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi).

Questa omelia è un omaggio alla misericordia divina ed è riprodotta nella Liturgia delle Ore della festa di San Matteo. Essa riveste un significato particolare nella vita e nel percorso spirituale di Papa Francesco. Difatti, nella festa di San Matteo del 1953, il giovane Bergoglio sperimentò, in un modo del tutto particolare, la presenza amorosa di Dio nella sua vita. In seguito ad una confessione, si sentì toccare il cuore ed avvertì la discesa della misericordia di Dio, che lo chiamava alla vita religiosa, sull’esempio di Sant’Ignazio di Loyola.

Una volta eletto Vescovo, Bergoglio, in ricordo di tale avvenimento decise di scegliere, come motto e programma di vita, l’espressione di San Beda “miserando atque eligendo”, che ha inteso riprodurre anche nel proprio stemma pontificio.

Lei è un appassionato di araldica. Quando è nato questo suo interesse?

Diciamo che sin dall’età adolescenziale sono stato attratto dalla simbologia e dallo studio dei simboli. Inizialmente cercavo di capire da solo il significato degli stessi e poi verificavo il mio pensiero attraverso documentazioni e ricerche.
Poi rimasi incuriosito quando lessi una frase su un libro di araldiche, attraverso la quale si confermava ciò che era già da tempo il mio pensiero: ogni individuo, in quanto essere umano uguale ad un altro essere umano ha il diritto di poter possedere uno stemma araldico che lo rappresenti, a prescindere dal fatto che egli stesso sia un nobile oppure no, un alto prelato oppure no; perchè la vera nobiltà, scaturisce dalle opere che si compiono in favore dell’umanità e se esse rimangono solo un’ideale rappresentato attraverso simboli, allora l’araldica non ha senso di esistere. Poi decisi di iniziare a buttare giù un primo schema di stemma araldico personale, tuttora nel cassetto e in fase di studio preliminare.