RIMINI – In questi giorni i mass media si stanno occupando come ogni anno del Meeting di Rimini. Ad essere messi in risalto, come al solito, sono gli interventi dei politici, ma il Meeting non è solo politica. Anzi! Sono numerose le mostre e le iniziative culturali che animano la kermesse ciellina. Per conoscere meglio il lato più vero del Meeting, quello che i tg non riportano, abbiamo intervistato Edoardo Dantonia, uno dei tanti ragazzi che con impegno, e con altrettanto anonimato, manda avanti questo importante evento dell’estate riminese. Edorardo, classe 1992, è studente di Scienze dell’Educazione e guida i gruppi nella mostra “Il cielo in una stanza: Benvenuti a casa Chesterton” dedicata al celebre scrittore inglese sempre più conosciuto e apprezzato in Italia, anche grazie alla Società Chestertoniana Italiana che ha sede nella nostra diocesi.
Edoardo, a quante edizioni del Meeting di Rimini hai partecipato? Questa è la prima volta che guidi una mostra?
In realtà è la prima edizione del Meeting a cui partecipo: si può dire che abbia iniziato in grande stile con la mostra dedicata al mio autore preferito! Dire che sono emozionato è un eufemismo, visto che ho l’opportunità di approfondire questo grande scrittore e di trasmettere ad altri ciò che esso rappresenta per me.
Puoi spiegare ai nostri lettori come avviene il “reclutamento” delle guide del Meeting?
Non ne so molto in verità. Un mio caro amico, conoscendo la mia passione per Chesterton, mi ha semplicemente proposto di far parte della rosa di guide impegnate nella mostra a lui dedicata: come potevo rifiutare? Iscriversi non è stato difficile e sono stati fatti ben due incontri con i curatori, per chiarire bene le idee sul testo assegnato.
Vieni pagato per questa attività?
Assolutamente no: il lavoro al Meeting è totalmente volontario. Forse è questo che sconvolge maggiormente le persone, ormai assuefatte ad una logica di “do ut des”, in cui nulla può essere fatto gratuitamente. E a dirla tutta, per me è una grandissima opportunità, quindi potrei dire che vengo ripagato più che pienamente per tutta questa fatica!
Quando hai conosciuto la figura di Chesterton?
L’autore della mia “conversione” (virgolettata poiché sono stato battezzato alla nascita, quindi si è trattato solo di riavvicinarmi alla Chiesa) è stato Michael D. O’Brien, con il suo libro “L’Isola del Mondo”, ma è stato Chesterton ad avermi letteralmente trascinato al suo interno. È stato un mio caro amico a consigliarmi la lettura e a prestarmi fisicamente “Ortodossia”, testo impegnativo ma davvero incredibile. Chesterton era un poeta che lavorava molto per immagini: le sue non sono risposte o verità assolute, ma veri e propri “quadri” che colpiscono e sconvolgono e che magari non sono subito chiari nel loro significato.
Qual è l’aforisma di Chesterton che maggiormente ti affascina? E la sua opera che preferisci?
“Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi.” Adoro questa frase perché mette in scacco i vari cinici che vivono per dimostrare che il male esiste e che non vi si può sfuggire: in realtà si sa già che il male esiste, ciò che è necessario dire è che esso può essere sconfitto. E qual è la forma narrativa che dimostra meglio ciò, se non proprio la fiaba?
Invece l’opera che preferisco è “Uomovivo”, uno delle prime in cui mi sono imbattuto. La considero la migliore per il personaggio di Innocent Smith, l’uomo vivo, dedito ad attività viste come inaccettabili, strambe, criminose, ma che infine si rivelano essere di una lo
Quale parte della mostra preferisci spiegare ai visitatori?
La stanza che preferisco in assoluto è il salotto. Il salotto, senza rivelare troppo, è la stanza dell’incontro con l’altro; incontro che può diventare scontro. E’ il luogo dove affiliamo i coltelli per affrontare il nemico, dove riusciamo persino a trovare noi stessi, a comprendere le ragioni delle nostre convinzioni. Per questo è la mia preferita: perché io sono sempre pronto a battagliare sulle grandi questioni della vita anche e soprattutto per comprenderle io stesso.
gica e una innocenza, per l’appunto, disarmanti.