Rientro a scuola con sorpresa. Accade in Francia, ma, in questa Europa unita, la questione riguarda anche noi, che pure siamo alle prese con problemi molto più concreti. La novità francese è la decisione del ministro dell’Educazione nazionale, Vincent Peillon, di pubblicare in tutte le scuole, con l’obbligo per docenti e studenti d’illustrarla e applicarla, una “Carta della laicità”, su cui ha attirato l’attenzione il quotidiano “La Croix”.
Nulla di nuovo, per carità nei 17 punti, pubblicati anche in Italia, che non fanno che ribadire la definizione di laicità nata con la rivoluzione e passata attraverso due secoli di rivendicazioni, per cui, al fine di assicurare l’adesione ai valori della Repubblica (e del progresso) è necessario fare tabula rasa di tutto ciò che è struttura tradizionale. A partire dalle religioni è il sottinteso: un tempo riferito in modo esclusivo alla religione cattolica, oggi aggiornato alla società globalizzata.
Ma non basta. Siccome i francesi hanno uno spirito geometrico, dopo questa prima “Carta” d’impianto generale, dal 2015 sarà impartito, in tutti gli ordini di scuole, un nuovo insegnamento, la “morale laica”, oggetto di un rapporto presentato lo scorso aprile: “Lo scopo della morale laica è permettere a ogni allievo di emanciparsi, poiché il punto di partenza della laicità è il rispetto assoluto della libertà di coscienza. Per dare la libertà di scelta, bisogna liberare l’allievo da ogni determinismo, familiare, etnico, sociale, intellettuale”. È questo il passaggio chiave, avatar sempre seducente di una vecchia e già sconfitta utopia.
In realtà per il ministro-filosofo, che aveva dedicato un paio d’anni fa un corposo volume alla “fede laica”, la laicità “è un principio di tolleranza, certo, ma più ancora di filosofia positiva”, cioè attiva, di attacco. È ovvio, allora, che in questo processo la scuola gioca ovviamente un ruolo-chiave perché bisogna “appoggiarsi sui giovani per cambiare le mentalità”. Si chiedeva, recensendo il libro sulla “fede laica”, l’autorevole rivista “Etudes” se questo non fosse semplicemente una “regressione verso una religione civile impraticabile e pericolosa per le libertà”. Già clamorosamente fallita.
La realtà è che le istituzioni, che oggi sono ovviamente sotto pressione di una crisi strutturale, ovviamente non solo economica, non possono cercare nuove risposte in vecchie ricette, ma fare finalmente i conti con la realtà. Le certezze della laicità sette-ottocentesca insomma non persuadono più nemmeno in Francia, anche se sono affermate per decreto ministeriale e si alleano con i principi di “non-discriminazione” che vanno per la maggiore. Questo vale anche per l’applicazione di leggi, come quella sul matrimonio omosessuale, che dovrebbero portare con sé, in nome di un principio di eguaglianza e a pena di sanzioni, la riscrittura dei manuali e dell’insegnamento. È una fatica di Sisifo, inutile e fuorviante. Ma bisogna stare molto, molto attenti.
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