SIRIA – Il nostro è tempo di grandi scoperte scientifiche, di rivoluzioni culturali e sociali, non siamo cavernicoli e primitivi ma raffinatamente tecnologici e la nostra esistenza va assumendo sempre più dimensioni ampie, attente all’ecologia, al mondo animale, alla conservazione del pianeta terra e dei beni culturali.
Eppure stiamo facendo fiasco, un fiasco clamoroso.
Sembra che la concentrazione in un luogo geografico, politico e sociale, su cui riversare acredini e divisioni, plachi la nostra coscienza e ci consenta di continuare a vivere indisturbati, semplicemente rimuovendo il dramma della Siria e continuando il nostro ritmo quotidiano indisturbato.
Se gli organismi internazionali, che peraltro manteniamo profumatamente, presiedono al bene comune che si può declinare in alcune voci essenziali:
– sconfiggere la fame;
– offrire a tutti un lavoro degno;
– garantire un’abitazione decorosa;
– assicurare la necessaria assistenza sanitaria,
ci si può legittimamente chiedere come risolvere il rebus del confronto:
– banchetti luculliani;
– stipendi favolosi;
– dimore lussuose;
– chirurgia estetica dilagante e costosissima.
Questo il nostro quadro civile (cosiddetto).
Quello incivile è ancora peggiore, come afferma il Francesco dei nostri giorni, delinea un’oscurità che sale dal cuore della persona umana, dal suo egoismo, dalla sua mancanza di riferimenti al Creatore, dalla sua certezza di essere arbitro assoluto del proprio assoluto destino: “Quando l’uomo pensa solo a sé stesso, ai propri interessi e si pone al centro, quando si lascia affascinare dagli idoli del dominio e del potere, quando si mette al posto di Dio, allora guasta tutte le relazioni, rovina tutto; e apre la porta alla violenza, all’indifferenza, al conflitto”.
La concordia nazionale tanto auspicata da tutti e dal nostro servo Francesco che, non a caso, ha scelto per sé questo nome che in filigrana parla di pace e di povertà, è minata nelle sue radici e la guerra, tanto deplorata a parole e tanto sostenuta con i fatti e che porta solo
– miseria;
– fame;
– malattie;
– morte.
Questa la proposta di noi culturalmente formati.
Sarebbe interessante confrontarsi, prima di passare alla Parola evangelica, con alcuni dati statistici:
– le forniture belliche da quali industrie provengono?
– gli equipaggiamenti militari quanto costano?
– le bombe da quali Paesi civilizzati e da quali laboratori di ricerca vengono studiate, programmate e, infine, realizzate?
In poche parole:
– chi ci guadagna?
– quanto guadagna?
Tutto sulla pelle altrui. L’esito è la guerra: fame, miseria, malattie. Quando non morte che mina e distrugge quel bene comune che si chiama pace.
L’equipaggiamento di un solo soldato sfamerebbe quei poveri bambini, smunti e atterriti, che nulla hanno a che spartire con i nostri, obesi per troppo cibo e malsana alimentazione.
Chi saprà ridare allo sguardo di quegli occhietti la gioia, la fiducia in chi ti sta accanto? Chi toglierà dal loro vocabolario interiore il desiderio della vendetta?
Chi ridarà le braccine al piccolo ormai monco?
Tutta una struttura di distruzione e di morte sorregge la nostra cosiddetta civiltà.
Se crediamo nel Risorto non siamo dei falliti o degli illusi malati di utopia, noi guardiamo a Lui che, passato per la tortura della crocifissione, ha donato la pace, quella vera.
Non confezionata ma consegnata alle nostre mani che, almeno a tutt’oggi, grondano sangue e denaro sporco, finché non ci sbilanceremo e faremo posto a un’autentica umanità coraggiosa opponendoci all’ingiustizia e bloccando lo sterminio di popolazioni innocenti. Per la loro pace che, però, è anche la nostra, con la voce di Francesco: “Vorrei chiedere al Signore, questa sera, che noi cristiani, i fratelli delle altre Religioni, ogni uomo e donna di buona volontà gridasse con forza: la violenza e la guerra non è mai la via della pace! Ognuno si animi a guardare nel profondo della propria coscienza e ascolti quella parola che dice: esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione: guarda al dolore del tuo fratello e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano, ricostruisci l’armonia che si è spezzata; e questo non con lo scontro, ma con l’incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l’umanità”.
Altrimenti sarà una girandola: toccherà anche a noi.