Di Duarte da Cunha – segretario generale Ccee
Quello che sta accadendo in Siria da tanti mesi è terribile e sembra impossibile vedere la fine di questo conflitto. Decine di migliaia di persone sono già state uccise e milioni di persone hanno dovuto abbandonare le loro case. È tutto un Paese, sono persone in carne e ossa, famiglie, bambini.
Alla luce di questi orrori ormai si sa che il conflitto è molto complesso e non sarà possibile una soluzione soltanto locale. Quindi chi ha potere nel mondo è chiamato a fare qualcosa nel ricercare una soluzione che non sia apparente e che vada incontro alle persone che stanno soffrendo. Tuttavia, questi mesi hanno dimostrato che coloro che potevano veramente impegnarsi nella ricerca di una soluzione pacifica sono divisi tra di loro. È veramente triste vedere i leader dei Paesi più importanti parlare di pace con un discorso dove le armi e il denaro sono gli unici temi, persino riconoscendo che la loro preoccupazione principale è la difesa degli interessi nazionali. Non è sbagliato che il capo di uno Stato difenda gli interessi dei suoi cittadini, ma è triste rendersi conto che molti non vedono come in primo luogo si debba cercare la pace. La pace è fondamentale non tanto perché serve gli interessi prevalentemente economici dell’uno o dell’altro Stato, ma perché custodisce la vita delle persone! Quando si pensa che il denaro sia la forza vitale non si cerca una soluzione pensando al bene di coloro che soffrono, ma ad una logica economica egoista. Questo accade perché, avendo lasciato Dio, il mondo pensa che da solo può riuscire ad avere giustizia e pace.
Quello che Papa Francesco ha fatto risaltare con la sua proposta di una giornata di digiuno e preghiera è andato contro corrente, ma allo stesso tempo è venuto incontro a quel che milioni di persone sentivano come necessario. Un gesto che ricorda ciò che nel profondo del cuore tutti sanno: che i conflitti umani si risolveranno solo quando l’uomo smetterà di cercare di costruire la Torre di Babele e accetterà l’aiuto di Dio.
È incredibile vedere la quantità di persone che hanno aderito alla proposta del Papa. Persone singole, parrocchie, diocesi si sono unite a lui. Probabilmente non c’è stata diocesi in Europa – e forse in tutto il mondo – che non abbia compiuto almeno un gesto pubblico in comunione con il Papa. Da Fatima a Minsk, da Cipro o Malta alla Germania e all’Inghilterra, ovunque i vescovi si sono impegnati ad invitare i fedeli e le comunità ad unirsi al Papa e la maggioranza di loro ha presieduto nelle cattedrali o in un santuario veglie di preghiere. Non solo i cattolici, ma anche le altre confessioni cristiane si sono unite al grido per la pace. L’iniziativa dei presidenti del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee)e della Conferenza delle Chiese in Europa (Cec), che hanno firmato una dichiarazione comune, dimostra la profonda comunione dei cristiani in questo momento drammatico. Questa catena di preghiera si è addirittura allargata a persone di altre religioni. Tutti insieme per la pace. Non stupisce che le religioni si uniscano nella preghiera per la pace. Chi prega sa che senza Dio l’uomo non riesce ad avere pace, e sa anche che senza uno sguardo di fede, nessuno si sentirà responsabile e chiamato a lavorare per la pace. C’è bisogno di trovare la misericordia di Dio per imparare a perdonare. Non saranno sufficienti gli accordi economici o la paura delle armi.
Tuttavia, anche se quanto è accaduto è davvero impressionante e ha unito milioni di persone, i media in quasi tutto il mondo hanno trattato la preghiera come un evento di un piccolo ed insignificante gruppo e non hanno capito la portata del gesto. Mi sembra che per riuscire ad avere pace ci sia bisogno che i media, oltre al lavoro che fanno nel creare una sensibilità di orrore nei confronti della guerra, siano anche capaci di riconoscere che la preghiera è un fatto.
Il nostro è un tempo paradossale. Sembra che viviamo in un mondo di pazzi dove non si vuole vedere e sentire la voce di Dio, ma allo stesso tempo, vedendo un’Europa intera e un mondo intero pregare per la Pace, si è portati a riconoscere che la speranza non è morta.