Credere nelle proprie idee e sfruttare il momento a proprio vantaggio. Questi i semplici ma efficaci consigli che possono dare una svolta ad un’attività commerciale. La crisi attanaglia ormai l’Italia da molti anni e sono all’ordine del giorno le notizie di chiusure di stabilimenti, licenziamenti e quant’altro. Uno dei punti di forza dell’economia italiana è da sempre il comparto tessile. Il brand Made in Italy è un marchio di garanzia sinonimo di qualità e ricercato in tutto il mondo. Eppure, come il resto, la crisi sta strangolando anche questo settore e mai come oggi chi si ferma è perduto.
I dati elaborati dal Centro studi di Sistema moda Italia sono preoccupanti. Nel 2012 la tessitura italiana ha registrato un fatturato prossimo agli 8 miliardi di euro ben il 4,6% in meno rispetto ad un anno fa. Ad andare in segno negativo tutti i micro settori, con eccezione della tessitura serica che ha registrato un aumento del fatturato del +4,3% grazie al sostegno della domanda estera. Gli altri comparti, invece, hanno sperimentato tassi di decrescita importanti: la tessitura laniera perde -1,5%; la tessitura a maglia -6,2%; la tessitura cotoniera e liniera hanno riscontrato decrementi rispettivamente del -11,6% e -15,1%.
Ma nulla è perduto. Basta aguzzare l’ingegno, rimboccarsi le maniche e credere nelle proprie idee. Questo quello che hanno voluto spiegare presso il Salone italiano del tessile organizzato da Milano Unica. «La crisi è un rallentamento dello sviluppo economico, – ha spiegato Pietro Sella amministratore delegato del gruppo Banca Sella – nasce dallo scoppio della bolla dei debiti. Questa situazione ci sta impedendo di vedere quanto straordinario sia questo momento. Un momento di discontinuità come durante le rivoluzioni industriali». A pensarci bene, infatti, le scoperte scientifiche e il progresso mutano lo scenario di giorno in giorno e le opportunità sono infinite. Basti pensare che si stima che fra dieci anni sul pianeta ci saranno 1,2 miliardi di persone in più; si hanno tecnologie avanzate e robotica che ci permettono di sperimentare nuove tecniche a basso impatto di lavorazione; la globalizzazione permette anche ad una piccola azienda di vendere i propri prodotti al mondo intero. «A fine ‘700 un biellese (avo dell’amministratore Sella che parla quindi con cognizione di causa, ndr.) andò fino a Manchester per vedere come, grazie all’avvento dell’elettricità e dei telai meccanici, lavoravano la maglia. – ha proseguito Pietro Sella – Dopo un anno comprò un telaio meccanico in Belgio e rientrò a Biella. Avviò la produzione. Si lavorava anche 18 ore al giorno a salari bassi ed erano impiegati anche i bambini, come nell’immaginario comune si pensa facciano i cinesi ora. Poi sperimentò, innovò scoprirono come far aderire il colore sul filo e in pochi anni rubarono il business agli inglesi».
Il mondo d’oggi parla la lingua del digitale, di internet, dell’e-commerce. «Siamo convinti che i modelli di business dei nostri clienti stanno mutando con grande velocità. -ha spiegato Silvio Albini presidente di Milano Unica – Noi dobbiamo seguire e capire ciò che sta avvenendo. L’economia digitale sta rivoluzionando il settore». C’è bisogno di investire in chi ha competenze, i giovani, che sono nati nell’era digitale e possono spogliarsi dei vecchi pregiudizi legati all’economia online. «Nel 2012 c’è un -2% negli acquisti rispetto al 2011 – asserisce Alberto Bordiga direttore generale Easy NOLO gruppo Banca Sella – ma gli acquisti online crescono del 19%. L’economia digitale è il 14% della crescita, in 15 anni ha creato 700 mila posti di lavoro e soprattutto chi usa il digitale fa più utile ed esporta di più. L’e-commerce nell’abbigliamento è passato dal 3% del 2007 al 19% nel 2013. L’acquisizione del digitale permetterebbe 43 miliardi di risparmio di spesa pubblica. Duemila euro di spesa annua a famiglia risparmiati».
Una provocazione? Basti pensare ad un’azienda leader assoluta del mercato come la Kodak. Fino ai primi anni 2000 aveva in mano un impero legato alla pellicola fotografica e ha sfruttato quel ramo senza guardare al futuro. Oggi vengono caricate sui social network qualcosa come 150 milioni di foto al giorno ma un’infinitesima percentuale ha il marchio statunitense sopra.
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