Un “new deal” sulla famiglia. “La famiglia non è un affare privato”, e l’architettura della famiglia “è una parte essenziale, ineliminabile, dell’architettura della civitas”. Nelle conclusioni di Diotallevi è risuonata, dall’inizio, la prolusione del cardinale Bagnasco, che fin dalle prime battute ha esortato la platea a “provare ad ascoltare l’uomo e la donna di oggi, senza pregiudizi o filtri ideologici”. L’obiettivo: un “new deal” sulla famiglia, auspicato anche da Franco Pasquali, coordinatore di Retinopera. Prima mossa: un esame di coscienza. Diotallevi è volutamente provocatorio: “Cosa abbiamo fatto noi laici cattolici italiani, in questi tre anni nella civitas e nella ecclesia, anni così difficili e talvolta drammatici. E ancora: “È inutile, o ipocrita, che i laici cattolici italiani si pongano la questione della famiglia senza porsi anche con schiettezza lo Stato in cui versa oggi il cattolicesimo politico in Italia”.
I laici in prima fila. “Se è vero che la famiglia non è un affare privato, ma pubblico, ciò significa che il caso della famiglia ha molti profili, e sicuramente uno anche politico”. È una vera e propria “chiamata alle armi”, nella direzione pacifica di chi accetta il dialogo e il confronto, quella di Diotallevi. “Bisogna combattere”, e la partita si gioca sul piano politico, è lì che vanno pensate con creatività le “azioni collettive”, che rimandano a una parola che è ricorsa molto di frequente nella Settimana Sociale: “Alleanza”. Quello dei laici cattolici si profila come “un impegno pesante e protratto nel tempo”. Inutile nascondersi, del resto, che “sono decenni che agli italiani viene negato di avere un voto pesante almeno quanto quello che hanno i cittadini delle grandi democrazie”. Vogliamo essere noi, invece, a decidere chi ci rappresenta, ne abbiamo il diritto e il dovere.
L’agonismo della libertà. “Bisogna combattere”, con “l’agonismo della libertà” di sturziana memoria e con la capacità di “convergere”. E la prima battaglia è quella di “continuare ad affermare lo spirito e la lettera con cui la nostra Costituzione riconosce i diritti e i doveri di quella particolare formazione sociale che è la famiglia fondata sul matrimonio. Non possiamo spaventarci né tacere di fronte a chi propone o minaccia di trasformare un diritto in un reato di opinione”. Ma sono tanti i temi sul tappeto, come “la valenza pubblica dell’impegno educativo, la contestazione radicale che va portata alla pretesa dello Stato di farsi educatore, la crisi dell’educazione alla laboriosità e all’intraprendere, il carattere ingiusto e inefficiente della pressione fiscale che oggi debbono sopportare i contribuenti italiani e le loro famiglie, la onerosità e gli aspetti sperequativi del modello di welfare State tuttora imperante”. Senza contare lo “sfruttamento” delle famiglie immigrate e il degrado degli spazi urbani che incide sulla qualità della vita, non solo delle periferie. Le Settimane Sociali, ha detto il Papa all’apertura di questa edizione, “sono state provvidenziali e preziose, e lo sono ancora oggi”. Anche per la loro capacità di “affrontare, e se possibile anticipare, gli interrogativi e le sfide talvolta radicali posti dall’attuale evoluzione della società”. “Coraggio, avanti”, il suo invito all’Angelus. Appuntamento, allora, nel 2017.