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Diamoci una mossa altrimenti il Papa…

Di Emanuela Vinai
Quartiere romano, mattina, esterno giorno. La carrozzella avanza di buon passo sul marciapiede e il padre alla guida si esibisce con consumata perizia in una serie di slalom acrobatici tra le deiezioni canine abbandonate dall’incuria dei padroni e le trappole infingarde delle buche mal riparate. Il ragazzino a bordo un po’ ride e un po’ sbuffa, perché ogni mattina il percorso a ostacoli per arrivare a scuola è sempre più difficile. Ed ecco che, proprio quando il traguardo è vicino, un mostro si para beffardo tra la squadra su ruote e la fine della strada: un macchinone è parcheggiato con noncuranza sullo scivolo dei disabili e impedisce la discesa e l’accesso.
Dopo un attimo di comprensibile turbamento e un primo approccio indeciso per consentire la presa delle misure, il papà alla guida si produce in un numero di alta precisione che consente il passaggio della carrozzella e il superamento in agilità del bestione metallico. Il figlio, attento all’ingombro del proprio mezzo, aiuta come può, tenendo d’occhio gli spigoli e suggerendo rifiniture di transito. Nel frattempo, tra genitori in attesa e passanti residenti, si è formata una piccola folla prontamente autonominatasi comitato di sostegno, che elargisce variegati consigli e offre generosamente aiuto per un eventuale trasbordo a braccia. Felicemente concluse le operazioni di movimentazione, i commenti non si fanno attendere, anche perché l’auto, nuova e lustra, espone targa diplomatica e lo sdegno verso l’ennesima casta diventa rabbia. Tra chi propone una sommaria giustizia a colpi di chiave e cacciavite e chi se la prende con l’amministrazione pubblica che non fa nulla contro i prepotenti, colpisce una voce dal fondo: “Ci vorrebbe Papa Francesco, lui sì che…”.
Ora, se anche per combattere la maleducazione e l’ignoranza delle più elementari regole di convivenza civile si comincia a invocare l’intervento del Papa, qualcosa vorrà ben dire.
Senza scomodare sociologi e filosofi, basta fare un giro di chiacchiera tra amici e conoscenti per riconoscere che Papa Francesco con il suo stile informale, diretto, paterno, ironico, è entrato nel cuore e nella mente di molti, anche di coloro che hanno sempre dimostrato una convinta diffidenza verso la chiesa. L’uomo che rende silente una piazza gremita e fa digiunare anche gli atei, che incontra gioioso i fedeli e ospita con semplicità i potenti della Terra, che sbanca gli indici di ascolto e prende personalmente il telefono per dare una parola di conforto, non può che essere guardato più che con rispetto.
Così si fa strada, nell’immaginario collettivo, l’idea che con questo Papa finalmente è arrivato qualcuno che si fa carico dei mali del mondo, uno che c’è e che ha a cuore la gente comune. Quasi come una specie nuova di supereroe, essere umano sì, ma caratterizzato da doti di coraggio, nobiltà e abilità straordinarie rispetto a quelle degli altri “normali”. Insomma, uno che a colpi di sorriso e scappellotti risolve problemi, zittisce gli arroganti e i potenti e riporta la pace. Però, però, però. Ricordiamoci anche che la salvezza viene dall’alto, ma il brocardo antico dice “aiutati che il ciel t’aiuta”. Sentire il bisogno di invocare soccorso nella difficoltà e nell’impotenza è più che umano, ma cercare altrove la soluzione di problemi in cui basterebbe accendere la spia della responsabilità personale è piuttosto puerile. Questo grande Papa ci sprona a dare il meglio di noi, ogni giorno, e ad essere davvero protagonisti della vita e della società con la testimonianza, l’impegno e l’amore. Quindi, diamoci una mossa, o al prossimo giro di papamobile lo scappellotto rischiamo di prenderlo noi…
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