Razionalizzazione strutture e revisione linee-guida. Proseguendo nel suo intervento, Dallapiccola sottolinea il numero “troppo elevato” delle strutture e la necessità di una loro “razionalizzazione anche in termini di distribuzione geografica”. Migliorato il livello dell’accreditamento e della certificazione della qualità, ma “occorre tenere sotto controllo i costi anche attraverso una revisione delle linee-guida alla luce delle nuove acquisizioni scientifiche e tecnologiche, e delle raccomandazioni già formulate da alcuni gruppi di lavoro delle società scientifiche, compresa la Sigu”. I dati del Censimento, raccolti dai ricercatori del Bambino Gesù (Orphanet) su mandato della Sigu, fanno riferimento al 2011. Il Censimento precedente, presentato nel 2009, registrava i dati del 2007. Oltre la metà delle 268 macrostrutture di genetica medica presenti in Italia è situata nel Nord del Paese (142, il 53%). Al Centro (Toscana, Umbria, Marche e Lazio) le strutture censite sono 54 (20%); 45 al Sud (17%); 27 nelle Isole (10%). I servizi di genetica medica sono complessivamente 517, di cui 372 laboratori. In 198 di questi centri si svolgono attività di genetica molecolare; 153 sono dedicati alla citogenetica (analisi cromosomiche); 145 alla genetica clinica; 21 alla immunogenetica (analisi del sistema immunitario). La maggior parte delle strutture afferisce ad aziende ospedaliere (25%), ospedaliere universitarie (21%) e Irccs (21%). Le strutture private sono circa il 16%.
Oltre 580mila test nel 2011. Nel 2011, informa ancora Dallapiccola, sono stati eseguiti complessivamente oltre 580mila test genetici (+24mila rispetto al 2007) e 100mila consulenze, per un totale di 684mila prestazioni. Il numero delle analisi citogenetiche appare in flessione (-9%) rispetto al 2007; aumentano invece le indagini oncologiche: da 34mila a 71mila (+105%). Il Censimento ha monitorizzato circa 100mila diagnosi prenatali invasive. Non risulta invece l’offerta di test di medicina personalizzata, al momento venduti in alcuni Paesi stranieri: “Un mercato – commenta il direttore scientifico del Bambino Gesù – che in Italia non sembra aver preso ancora piede nella rete dei laboratori di genetica medica”. Si afferma invece la domanda di nuovi test sofisticati e costosi, in particolare gli array-Cgh (11.600), tecnica “sviluppata per identificare anomalie genomiche al di sotto della risoluzione cromosomica standard”.
Formazione e aggiornamento continui. Il dato, è il commento del genetista, suggerisce che “la domanda di queste analisi andrebbe governata attraverso la disseminazione di linee-guida di appropriatezza, riorganizzando le strutture e monitorando l’impatto sul Sistema sanitario nazionale”. Da valutare attentamente anche la congruenza tra le diagnosi cliniche (che giustificano la richiesta dei test molecolari) e il risultato delle analisi. “Rispetto al Censimento precedente – conclude Dallapiccola – è aumentata l’appropriatezza della domanda di test per le malattie monitorizzate, ma è comunque necessario investire ancora nella formazione in genetica clinica”.