Più di 500 tra laboratori e servizi di genetica operanti in 268 macrostrutture, diffuse soprattutto nel Nord Italia (53%). Oltre 580mila test genetici e 100mila consulenze effettuate in un anno. Si stabilizza, con una tendenza alla riduzione, il numero delle indagini cromosomiche prenatali, mentre aumentano significativamente le analisi finalizzate allo studio dei tumori. La medicina “personalizzata” in Italia ancora non decolla. Sono alcuni risultati dell’ultimo Censimento nazionale sulle strutture e le attività di genetica medica in Italia, presentati oggi (25 settembre) a Roma dal direttore scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, Bruno Dallapiccola, in occasione del XVI Congresso nazionale della Società italiana di genetica umana (fino al 28 settembre). La genetica, avverte Giovanni Neri, presidente Sigu, “sembra non si stanchi di crescere a ritmi sempre più incalzanti, mettendo tutti di fronte alla necessità di continui aggiornamenti e spesso anche di scelte difficili, quando i risultati di test sempre più sofisticati superano la nostra capacità di interpretarli in maniera univoca”.
Razionalizzazione strutture e revisione linee-guida. Proseguendo nel suo intervento, Dallapiccola sottolinea il numero “troppo elevato” delle strutture e la necessità di una loro “razionalizzazione anche in termini di distribuzione geografica”. Migliorato il livello dell’accreditamento e della certificazione della qualità, ma “occorre tenere sotto controllo i costi anche attraverso una revisione delle linee-guida alla luce delle nuove acquisizioni scientifiche e tecnologiche, e delle raccomandazioni già formulate da alcuni gruppi di lavoro delle società scientifiche, compresa la Sigu”. I dati del Censimento, raccolti dai ricercatori del Bambino Gesù (Orphanet) su mandato della Sigu, fanno riferimento al 2011. Il Censimento precedente, presentato nel 2009, registrava i dati del 2007. Oltre la metà delle 268 macrostrutture di genetica medica presenti in Italia è situata nel Nord del Paese (142, il 53%). Al Centro (Toscana, Umbria, Marche e Lazio) le strutture censite sono 54 (20%); 45 al Sud (17%); 27 nelle Isole (10%). I servizi di genetica medica sono complessivamente 517, di cui 372 laboratori. In 198 di questi centri si svolgono attività di genetica molecolare; 153 sono dedicati alla citogenetica (analisi cromosomiche); 145 alla genetica clinica; 21 alla immunogenetica (analisi del sistema immunitario). La maggior parte delle strutture afferisce ad aziende ospedaliere (25%), ospedaliere universitarie (21%) e Irccs (21%). Le strutture private sono circa il 16%.
Oltre 580mila test nel 2011. Nel 2011, informa ancora Dallapiccola, sono stati eseguiti complessivamente oltre 580mila test genetici (+24mila rispetto al 2007) e 100mila consulenze, per un totale di 684mila prestazioni. Il numero delle analisi citogenetiche appare in flessione (-9%) rispetto al 2007; aumentano invece le indagini oncologiche: da 34mila a 71mila (+105%). Il Censimento ha monitorizzato circa 100mila diagnosi prenatali invasive. Non risulta invece l’offerta di test di medicina personalizzata, al momento venduti in alcuni Paesi stranieri: “Un mercato – commenta il direttore scientifico del Bambino Gesù – che in Italia non sembra aver preso ancora piede nella rete dei laboratori di genetica medica”. Si afferma invece la domanda di nuovi test sofisticati e costosi, in particolare gli array-Cgh (11.600), tecnica “sviluppata per identificare anomalie genomiche al di sotto della risoluzione cromosomica standard”.
Formazione e aggiornamento continui. Il dato, è il commento del genetista, suggerisce che “la domanda di queste analisi andrebbe governata attraverso la disseminazione di linee-guida di appropriatezza, riorganizzando le strutture e monitorando l’impatto sul Sistema sanitario nazionale”. Da valutare attentamente anche la congruenza tra le diagnosi cliniche (che giustificano la richiesta dei test molecolari) e il risultato delle analisi. “Rispetto al Censimento precedente – conclude Dallapiccola – è aumentata l’appropriatezza della domanda di test per le malattie monitorizzate, ma è comunque necessario investire ancora nella formazione in genetica clinica”.