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Crescono gli “orfani bianchi”

famigliadi Lorena Leonardi

“Essere figli è una relazione da cui nessuno di noi può prescindere e che non appartiene solo ad un momento della vita, ma a tutta la vita, perché continuamente noi nasciamo e rinasciamo a noi stessi grazie alla relazione con gli altri”. Docente di Metodologia dell’educazione alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” di Roma, suor Piera Ruffinatto è tra i relatori intervenuti al “Salesianum” di Roma nel corso del seminario internazionale di studio sulla filialità organizzato dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione “Auxilium” e dall’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Cosa intendiamo per filialità?
“È una condizione costitutiva dell’umano. La figliolanza mette al centro la logica dell’amore, del legame, della dipendenza radicale che ci viene svelata pienamente in Gesù Cristo, Figlio del Padre. Nella filialità è presente anche la nostra adesione al legame di fraternità che ci lega a tutti gli altri esseri umani. E in questo dinamismo relazionale, Maria, madre di Gesù e madre nostra, ha un ruolo fondamentale, una funzione di generazione, nutrimento, educazione per ciascun essere umano chiamato a formare in se stesso questa identità filiale. Questa sfida antropologica, rivolta a tutti gli uomini e le donne, è per noi ‘Figlie di Maria Ausiliatrice’ anche fonte di identità carismatica. San Giovanni Bosco ha infatti voluto che ciascuna di noi rappresentasse al vivo tale identità attraverso il ministero educativo che ci caratterizza”.

In che senso ne parlate in riferimento a don Bosco?
“La filialità mariana caratterizza l’esperienza spirituale di don Bosco. La sua espressione ‘di tutto siamo debitori a Maria’, esprime questa sua convinzione, illumina il senso delle sue imponenti realizzazioni, costituisce il cuore del suo metodo preventivo orientato a fare dei giovani veri figli e figlie di Dio. La relazione con Maria è centrale nella vicenda umana e spirituale di don Bosco, ma anche nello sviluppo della sua opera educativa. Fare l’esperienza di essere accolti nel proprio venire al mondo da un abbraccio materno che nutre, protegge e difende, pone le fondamenta della fiducia in se stessi e negli altri perché si percepisce il proprio ed altrui esistere come realtà buona e affidabile. Così, rivolgendosi ai giovani dell’oratorio, molti dei quali orfani, abbandonati o lontani dalla casa e dagli affetti familiari, egli li persuade che come nell’ordine della natura Dio ha dato loro una madre, così un’altra madre ha donato loro nell’ordine soprannaturale. Maria, afferma don Bosco, ama tutti gli uomini, ma in particolare i giovani, i bambini, i piccoli. Sentirsi figli amati di questa Madre è il principio che può innescare tutto il processo educativo perché, ‘Chi sa di essere amato ama’ afferma don Bosco, ‘e chi ama ottiene tutto, specialmente dai giovani’”.

In quale modo la filialità mariana si configura quale paradigma di paternità/maternità educativa?
“La filialità produce degli effetti anche nella persona dell’educatore salesiano perché questi è chiamato a ritrarre in sé gli atteggiamenti e i comportamenti paterno/materni. L’atto educativo, infatti, è costitutivamente generativo. Da Maria possiamo imparare lo stile con cui educare, non mosso da astratte ideologie, ma dalle esigenze vitali dei giovani, verso i quali dimostrare un amore paziente nel rispetto dei ritmi personali di ciascuno, delicato ed affettuoso, ma fermo e deciso. Don Bosco amava vedere in Maria la ‘maestra’ del suo metodo preventivo. Infatti, lei sola può indicare agli educatori il cammino per essere segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani. Don Bosco indicava tale amore con il termine ‘amorevolezza’, che significa amore dimostrato, compreso e percepito dai giovani. In questa impresa la sfera affettiva è quella che causa più sofferenza, perché richiede di sopportare simpatie e antipatie umane, di vigilare sulle proprie emozioni ed orientarle in chiave oblativa. In questo compito Maria è l’ideale e il modello, ma anche e soprattutto l’aiuto di cui, soprattutto oggi, abbiamo bisogno”.

Quale attualità, dunque, per la filialità nel contesto educativo?
“Filialità ed educazione è un binomio inscindibile. Oggi molti genitori ed educatori sono disorientati e scoraggiati. Molto spesso sono tentati di abdicare al loro compito di padri e madri. Cresce il numero degli ‘orfani bianchi’, di figli cioè che sperimentano un vuoto generazionale. Questa condizione è per noi una sfida, un appello a ritrovare la nostra vocazione umana ed educativa, a fare la scelta di ‘esserci’, a vivere la nostra identità di figli e figlie di Dio e di Maria, per accogliere la nostra vocazione di padri e madri, ciascuno nella vocazione che lo caratterizza”.