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Da Papa Francesco una mano tesa alle religioni della pace

Di Maria Chiara Biagioni

Le parole di Papa Francesco risuonano forti mentre si rivolge ai leader delle religioni mondiali. Per dire no – e dirlo insieme – alla violenza che non può mai trovare una giustificazione religiosa. Pakistan, Kenya, Siria, Iraq. Una lunga scia di sangue sparso purtroppo anche in nome di Dio ha segnato in questi mesi la vita di popoli e comunità di fede in tante parti del mondo. Storie di vita e tragedie consumate quasi ogni giorno ed entrate giustamente nei cuori dei partecipanti all’incontro internazionale per la pace, promosso nello Spirito di Assisi, a Roma, dalla Comunità di Sant’Egidio. L’incontro si è aperto ieri sera nell’auditorium della Conciliazione. A dare il benvenuto ai presenti anche il premier italiano Enrico Letta e le autorità civili e religiose della città di Roma. Ma oggi è il giorno dei panel, dei confronti serrati tra esponenti di religioni e culture di tutto il mondo su temi di attualità. Ma è anche il giorno in cui i partecipanti sono stati ricevuti da Papa Francesco.

“No” alla rassegnazione di fronte al dolore dei popoli. “Diciamo con forza, tutti, continuamente, che non può esservi alcuna giustificazione religiosa alla violenza, in qualsiasi modo essa si manifesti”. È andato subito dritto al “nodo” della questione Papa Francesco. E così, ricevendo gli esponenti delle Chiese cristiane e comunità ecclesiali, i rappresentanti dell’Islam e dell’ebraismo mondiale nonché buddisti, sikh, zoroastriani, induisti, il Papa ha puntato il dito contro il terrorismo religioso. “No! – ha detto -. Non possiamo mai rassegnarci di fronte al dolore di interi popoli, ostaggio della guerra, della miseria, dello sfruttamento. Non possiamo assistere indifferenti e impotenti al dramma di bambini, famiglie, anziani, colpiti dalla violenza. Non possiamo lasciare che il terrorismo imprigioni il cuore di pochi violenti per seminare dolore e morte a tanti”. Il Papa sa perfettamente che il ruolo dei leader religiosi è fondamentale per togliere dal linguaggio religioso ogni parola che suona di guerra e violenza. “Come responsabili delle diverse religioni – ha infatti detto – possiamo fare molto. La pace è responsabilità di tutti. Pregare per la pace, lavorare per la pace! Un leader religioso è sempre uomo di pace, perché il comandamento della pace è inscritto nel profondo delle tradizioni religiose che rappresentiamo”. Il Papa chiude il suo discorso invocando di nuovo la preghiera di tutti per la pace in Siria, in Medio Oriente, in tutto il mondo affinché il coraggio della speranza raggiunga anche “tutti quelli che soffrono per la guerra”, in modo particolare i giovani, che “guardano preoccupati il loro futuro”.

Togliere ai violenti “il nome santo di Dio dalla bocca”. Anche il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, ha usato parole forti contro il terrorismo: “Dobbiamo affrontarlo in faccia. Senza paura. Prima che nasca o quando nasce. Va delegittimato nelle sue radici religiose. Gli va tolto il nome santo di Dio dalla bocca. Gli vanno sottratti adepti, educando alla pace, secondo l’insegnamento dei Maestri e Profeti delle religioni. Il terrorismo si affronta anche con questa unità dei leader religiosi insieme in pace”. Parole che hanno trovato oggi eco in un panel dedicato alla convivenza tra cristiani e musulmani nell’intervento di Anwar Ibrahim, membro del Parlamento malesiano e leader islamico del partito d’opposizione Pakatan Rakyat (Pkr). “I musulmani – ha detto – devono denunciare le atrocità commesse verso le minoranze cristiane e sfidare quei musulmani che combattono i cristiani”. A dare voce al dramma dei cristiani in Medio Oriente è stato l’arcivescovo di Algeri, monsignor Ghabel Bader, che ha sollevato il problema della diminuzione costante del loro numero. E ha messo in guardia sul fatto che “coesistenze radicate nelle menti e nei cuori per secoli sono state messe in discussione negli ultimi tempi nei Paesi della regione. Alla cultura del vivere insieme è subentrata la cultura della violenza”. Secondo monsignor Bader, “bisogna separare la religione dalla politica perché la politica sporca la religione”. Secondo l’arcivescovo, “il rapporto tra le popolazioni all’interno dei Paesi in Nord Africa e Medio Oriente deve essere basato sulla comune cittadinanza e non sull’appartenenza religiosa”. Tra i leader religiosi è presente anche Giovanni X, patriarca greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente. È fratello del vescovo Paul Yazigi di Aleppo, uno dei due vescovi rapiti in Siria lo scorso aprile. È stato ricevuto nei giorni scorsi anche da Papa Francesco. “La pace in Siria – ha detto – non può essere raggiunta attraverso missili che distruggono o con l’impegno di navi da guerra. La proclamazione della pace è meglio delle dichiarazioni di guerra”. “Ricordatevi nelle vostre preghiere della Chiesa in Siria”. “Ricordatevi di tutti i siriani e i libanesi. Chiedete a Dio onnipotente di riportare in quella terra la sua pace benedetta. Fratelli e sorelle, portare la pace in Siria sarà il criterio decisivo, un test per tutti noi. Lavoreremo insieme per asciugare ogni singola lacrima dei siriani e condurre la battaglia per la pace e la libertà”.

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