ACQUAVIVA – Come è noto, numerosi artisti come Caravaggio, Michelangelo, Leonardo e Bernini, solo per citarne alcuni, hanno intrapreso una sorta di gara per spiegare al meglio il mistero attraverso il linguaggio dell’arte. Dalla loro fede e dal loro genio artistico sono venuti fuori i grandi capolavori che tutto il mondo ci invidia. Se è vero che città come Roma, Firenze e Milano richiamano un gran numero di visitatori che bramano di ammirare le più famose opere d’arte, è altrettanto vero che dei veri e propri gioielli si possono trovare anche su itinerari meno conosciuti. È il caso della chiesa di San Nicolò di Acquaviva Picena, che è stata recentemente studiata dalla dottoressa Anna Chiappini per la sua tesi di laurea. Per conoscere meglio questo edificio che fa parte della storia e della cultura della nostra diocesi abbiamo incontrato la neolaureata.
Dottoressa, ci può descrivere a grandi linee da un punto di vista architettonico la chiesa di San Nicolò?
La chiesa di S. Nicolò così come la vediamo attualmente, è il risultato di un radicale intervento di ristrutturazione dell’intero edificio, attuato a partire dal 1831 fino al 1850, in cui l’edificio venne sopraelevato senza modificare la struttura interna a pianta a croce latina, a navata unica: il tetto a capriate fu sostituito da soffitto a volta in stucco e furono sistemate le cappelle laterali. L’esterno ha conservato l’originario paramento a murario, poiché sono ancora oggi visibili la diversità dei mattoni, della malta e la linea di sutura tra la vecchia e la nuova costruzione sopraelevata, soprattutto sulla parete absidale dove si nota l’angolazione con al centro il vertice su cui poggiava il tetto. La chiesa presenta una facciata semplice con andamento a capanna, scandita da una cornice marcapiano, da una nicchia centrale e da un timpano con semplici acroteri; in basso, sul portale in pietra timpanato, troviamo incisa la data “1604” che corrisponderebbe all’anno della sua consacrazione. Entrando in chiesa, l’occhio corre subito verso l’abside, attratto da una movimentata partitura architettonica e decorativa delle mura, che dall’arco trionfale va fino al soffitto. La cortina muraria è infatti ritmata da una serie di alte paraste, decorate da finta scanalatura, con capitelli ionici dorati scolpiti, che sorreggono lungo tutto il perimetro nella parte superiore, una trabeazione molto aggettante. Anche il soffitto è completamente decorato con una finta partitura architettonica e finti stucchi. La decorazione pittorica della chiesa fu realizzata nel 1893 da Donato Loreti.
Quando fu fondata la chiesa e in quale occasione?
Grazie a recenti studi di Alessandro Sciarra, si è scoperto che la chiesa parrocchiale di S. Nicolò in origine aveva una diversa collocazione rispetto a quella attuale: fin dal XIV secolo essa sorgeva in zona “Terra Vecchia” (primo nucleo del castrum di Acquaviva) al Piano Santo, proprio dove oggi troviamo la chiesa di S. Rocco; la chiesa di S. Nicolò venne successivamente traslata intorno al 1603 nell’allora chiesa di S. Rocco, fatta costruire tra il 1532 e il 1563, in contrada “Terranova” proprio nell’odierna piazza San Nicolò, poiché l’antica parrocchiale di S. Nicola non era più in grado di contenere tutti i fedeli, visto il forte aumento demografico della popolazione acquavivana verificatosi tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento.
Alla luce dei suoi studi, qual è l’opera di maggior pregio artistico che la chiesa contiene?
Pensando alla scultura, vi è la Gloria, un gruppo plastico collocato a ridosso dell’altare maggiore, realizzato entro la prima metà dell’Ottocento dall’ascolano Domenico Paci (1785-1863), la cui arte era molto famosa a quei tempi in tutto il Piceno. Essa raffigura una corona ascendente di nuvole bianche e testine di angeli che circondano un dipinto anonimo settecentesco della Madonna col Bambino, da cui si sprigionano tutto intorno dei raggi d’oro: in alto due piccoli angeli sorreggono una corona d’oro di notevoli dimensioni; in basso una testina alata regge una corona di fiori, e poco più in alto altre due testine alate sorreggono l’immagine sacra, mentre ai lati due angeli, di dimensioni maggiori rispetto al naturale, sostano in adorazione estatica in ginocchio sulle nuvole, quello a destra con le mani giunte in gesto di preghiera con lo sguardo rivolto verso l’alto, l’altro a sinistra intento ad incensare col turibolo. La Gloria, di carattere giosafattesco, appartiene alla maturità di Domenico allora cinquantanovenne, ormai lontano da schemi neoclassici, e rappresenta un’ottima sintesi tra la sua personale ispirazione e i modelli del periodo d’oro del Cinquecento, da cui traspare un delicato gusto Barocco.
Per ciò che riguarda la pittura invece, la chiesa di S. Nicolò conserva una tela della Madonna del Rosario arricchita da un’ampia cornice lignea, contenente delle piccole telette ovali raffiguranti i Misteri del Rosario: essa è una bella replica con minime varianti della Madonna del Rosario di Federico Barocci (Urbino, 1535-1612) da lui realizzata tra il 1589 e il 1593 per la confraternita dell’Assunta e del Rosario di Senigallia (Senigallia, Pinacoteca Diocesana). Il dipinto acquavivano è stato recentemente attribuito da Massimo Papetti all’artista Alessandro Vitali, uno dei più importanti allievi di Barocci, per il fatto che nella chiesa matrice della vicina Monsampolo si trova un’altra pala baroccesca da lui firmata, la Deposizione; inoltre, tenendo presente la dimestichezza con cui il Vitali, strettissimo collaboratore del Barocci, impiegò i cartoni del maestro e considerando soprattutto altre opere che il Vitali realizzò per i centri della Marca meridionale, tale ipotesi risulta verosimile, viste poi le diverse tangenze stilistiche che i due quadri presentano.