Isaac (è un nome di fantasia) si è salvato ma ha visto la madre annegare nel naufragio all’isola dei Conigli a Lampedusa, il 3 ottobre. Ora disegna solo barconi pieni di persone. Mosè su quella barca maledetta non aveva parenti, e riesce a disegnare anche chiese, fiori, arcobaleni. Non vogliono farsi fotografare ma gradiscono a merenda ciambelline e biscotti generosamente offerti dalle mamme siciliane. Gli amici camminano mano nella mano per timore di essere separati. Sono tutti eritrei, ortodossi, i 33 minori non accompagnati che la Caritas diocesana di Caltagirone, in provincia di Catania, sta accogliendo da alcuni giorni in una propria struttura, per toglierli alle difficili condizioni del sovraffollato Centro di accoglienza di Contrada Imbriacola, a Lampedusa. Un gesto di disponibilità spontaneo, immediato, appassionato, in risposta all’invito di Caritas italiana. “Abbiamo fatto tutto in tre ore: pulito i locali, sistemato le stanze, organizzato i servizi e coinvolto operatori e volontari. Vogliamo creare con i ragazzi delle relazioni vere, di fiducia. Vogliamo farli sentire a casa”, racconta al Sir don Luciano Di Silvestro, direttore della Caritas di Caltagirone. Don Luciano sa bene, come indicato da Papa Francesco, che la Chiesa e le sue comunità devono essere come “un ospedale da campo dopo la battaglia, dove curare le ferite e riscaldare i cuori”. Con gli ultimi sbarchi le strutture di accoglienza siciliane sono al collasso: al 1° ottobre le cifre del Viminale davano già 26.154 migranti, senza contare le migliaia di arrivi delle ultime due settimane. Sulla scia degli ultimi tragici eventi di Lampedusa la Caritas di Caltagirone ha così allestito in poche ore, è la sua prima esperienza con i migranti, un centro di accoglienza dove i ragazzi, tutti maschi tra i 15 e i 17 anni, potranno essere “curati e riscaldati”.
Tra uliveti e aranceti. I 33 ragazzi sono accolti nella casa per esercizi spirituali estivi “Alì-Mantelli” della parrocchia di San Pietro, tra gli uliveti e gli aranceti tipici delle campagne siciliane, a 3 km da Caltagirone. Armati di secchi e ramazze i volontari hanno riaperto le stanze già chiuse per l’autunno, aggiunto letti a castello, spolverato le statue della cappellina e organizzato un servizio di catering per i pasti. A breve si arriverà a una forma di autogestione anche per la cucina. Sono stati coinvolti una dozzina di operatori che si alternano notte e giorno. Tra questi, psicologi, mediatori culturali e linguistici. Don Luciano invece, almeno per i primi tempi, farà servizio ininterrotto, dalle 6 del mattino alle 3 di notte. All’iniziativa, condivisa con le amministrazioni locali, collaborano anche altre realtà sociali del territorio, come Save the children e l’Arci.
Ora iniziano a sorridere. “Sono arrivati stanchi e stremati. Dopo giornate tumultuose e difficili la priorità è farli rilassare. Ora iniziano a sorridere un po’”, racconta il direttore della Caritas di Caltagirone. Vengono organizzati laboratori di didattica per conoscere la geografia dell’Italia e la società italiana, iniziative sportive, laboratori di pittura. In contemporanea sono iniziati i colloqui personali, per conoscere le storie e aiutarli a contattare i parenti sparsi per l’Europa. “Nessuno vuole restare in Italia – precisa don Luciano -. Staranno da noi 20/25 giorni, poi inizierà l’iter di riconoscimento ufficiale come minori stranieri non accompagnati. La loro speranza è tornare a vivere una vita normale, ma non in una casa di accoglienza”. Don Luciano non vuole che accada come in alcuni centri minorili, dove i ragazzi “vengono visti con la forma e il colore dell’euro”: “Noi vogliamo risanare i cuori in modo diverso. Ho chiesto a tutti gli operatori di guardarli negli occhi: la cosa più importante è stare loro accanto, far sentire il nostro affetto”. Per questo sta selezionando con cura i volontari: “Abbiamo tantissime richieste ma non prenderemo tutti. Non vogliamo che la gente venga solo per farsi vedere accanto a loro. La solidarietà si fa con il cuore, senza mostrarsi, come ci ha ricordato il Papa a Cagliari”.
Coinvolta tutta la diocesi. A breve saranno organizzate gite, uscite per il paese, ma per il momento don Luciano preferisce non lasciarli soli. Sa bene che il rischio di fughe, in questi casi, è molto alto. “Se vogliono possono uscire – dice -. Capisco che hanno attraversato deserti e difficoltà enormi e che nei loro Paesi sono considerati adulti. Sono ragazzi svegli, intelligenti. Ma per noi sono minorenni. E fanno anche tanta tenerezza”. L’intera diocesi di Caltagirone appoggia con convinzione l’iniziativa. Il vescovo, monsignor Calogero Peri, l’ha descritta come “una nuova opportunità di impegno e di testimonianza di umanità e di fede”: “Vogliamo vivere questo momento facendo del nostro meglio, non come un gesto di accondiscendenza, di bontà, ma come un gesto sacramentale. Questi ragazzi rappresentano tutti quelli che hanno vissuto, vivono e vivranno il dramma delle tragedie del mare”.