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La lezione di Ratzinger è la radice storica della fede cristologica

Di Giovanni Pasqualin Traversa

Una trilogia e un triduo. Tre i volumi che Joseph Ratzinger-Benedetto XVI ha dedicato a Gesù di Nazaret tra il 2007 e il 2012; tre le giornate che la Fondazione Vaticana intitolata al Papa emerito e la Conferenza dei rettori delle Università Pontificie romane riservano alla riflessione e all’approfondimento dell’ermeneutica storica e cristologica dei Vangeli, alla luce degli scritti ratzingeriani. La prima giornata del simposio internazionale “I Vangeli: storia e cristologia. La ricerca di Joseph Ratzinger” ha preso il via questa mattina presso la Pontifica Università Lateranense, dove i lavori proseguiranno anche domani per trasferirsi sabato 26 ottobre in Vaticano, nell’Aula Nuova del Sinodo. A conclusione del simposio, sempre sabato, Papa Francesco consegnerà a Christian Schaller e ad uno dei relatori dell’incontro, l’anglicano Richard Burridge, il Premio Ratzinger giunto alla terza edizione (Sala Clementina del Palazzo Apostolico – ore 12). Sì a metodo critico e rigore scientifico nella ricerca e nell’esegesi, ma senza la luce della fede i Vangeli rischiano di essere incomprensibili e poco rilevanti per l’uomo d’oggi: questo, in estrema sintesi, il leit-motiv che ha percorso gli interventi odierni.

Radice storica della fede. Ad inaugurare i lavori il breve saluto del cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato scientifico della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI (www.fondazioneratzinger.va). “La radice storica della fede cristologica”, le parole del porporato, è “al centro dell’opera teologica e della sollecitudine pastorale di Joseph Ratzinger: lavorare su di essa è – penso – il migliore e più gradito omaggio che possiamo rendergli e la via più diretta ed efficace per sviluppare ulteriormente la sua ricerca”. L’incontro che si apre oggi “coincide con la pubblicazione in lingua italiana dell’Opera Omnia di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI sulla cristologia”, ha aggiunto nel suo saluto l’arcivescovo Jean-Louis Bruguès, presidente del Comitato organizzativo del simposio, facendo notare che nel primo dei tre volumi “il teologo Ratzinger illustra il suo metodo, messo a punto a seguito di un lungo cammino interiore”, e “distingue quattro tappe nell’evoluzione dell’esegesi contemporanea”. L’autore, precisa l’arcivescovo, “si appoggia sulla costituzione conciliare ‘Dei verbum’”. Per Ratzinger, conclude, “il factum historicumrappresenta una base fondamentale della fede cristiana”; tuttavia, “se il metodo critico storico rimane indispensabile”, esso non può “presentarsi come l’unico modo di fare esegesi perché perde di vista l’unità profonda della Bibbia e rischia di non parlare più all’uomo di oggi”.

Rischio oscurità. Sulla stessa linea Bernardo Estrada (Pontificia Università Santa Croce): “La figura di Cristo è vicina e comprensibile soltanto per chi accoglie apertamente nella fede le sue parole e si sente coinvolto nelle sue azioni, accompagnandolo nel cammino della passione e della morte e contemplando la gloria della risurrezione. Senza la fede, al contrario, ci si scontra con un muro di enigmatica oscurità”. Il rifiuto del soprannaturale nella storia, la tesi di fondo di Estrada, “esclude quella visione che rende possibile un’adeguata comprensione dei Vangeli” giacché la storia in essi raccontata “è intrisa della risposta di fede della comunità. È un intreccio inscindibile di storia e interpretazione, certamente non riconducibile ai canoni della storiografia moderna”. In questo orizzonte i Vangeli “mostrano la portata della loro storicità quando si riconosce il giusto valore all’immagine e all’interpretazione di Gesù che essi ci offrono”.

Teologia “del credere”. Per padre Yves Simoens (Pontificio Istituto Biblico), credere “è necessario per vivere”. Nel suo intervento incentrato sull’attendibilità storica del quarto vangelo, afferma: “Rivalutare il carattere storico del vangelo giovanneo si confronta con le questioni fondamentali dell’esegesi del Nuovo Testamento” e “l’operazione consente anche di rivalutare ciò che si intende per storia, senza limitarsi agli approcci troppo positivi, se non neo-positivisti”. Secondo lo studioso, “la storia di Gesù crea la storia dei credenti”, e “il più teologico dei vangeli si rivela più vicino alla verosimiglianza storica”. La sua “teologia del credere – parola di Simoens – fa immergere nel più vivo dell’esperienza umana storica, perché credere è necessario per vivere – o persino, a volte per sopravvivere – nella storia”. Credere “costituisce la condizione del legame sociale” e quando “questo legame appare fragile, il vangelo giovanneo si offre al mondo e alla Chiesa come un punto di riferimento importante”. Sul contributo della papirologia all’interpretazione dei vangeli si sofferma Juan Chapa (Università di Navarra). “Nella critica testuale del Nuovo testamento – assicura – i papiri occupano a pieno titolo il primo posto nell’elenco dei manoscritti in greco”.

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