Il cristianesimo come motore della “rivoluzione” nel rapporto uomo-donna; la sottolineatura della potenza del linguaggio e dell’importanza di non “piegare la natura alla cultura” in nome del politically correct; la necessità di un’approfondita riflessione sull’ideologia gender e di un confronto al tempo stesso dialogico e assertivo, perché la non rassegnazione a un paradigma che vorrebbe annullare le differenze maschio-femmina non è una battaglia che riguarda solo i cattolici. Sono alcune delle voci emerse oggi a Roma dal seminario “Genere, tra natura e cultura”, promosso dal Copercom (Coordinamento delle associazioni per la comunicazione – www.copercom.it) in occasione del comitato dei presidenti e delegati, allargato ai responsabili della comunicazione delle associazioni aderenti.
Orizzonti di riflessione. Il cristianesimo “per primo introduce una differenza fra identità ed esercizio della relazione sessuale” e fa intravvedere “un’altra possibilità di esercizio della sessualità”, ha detto monsignor Domenico Pompili, sottosegretario Cei e direttore Ufficio comunicazioni sociali, nella riflessione con cui ha aperto l’incontro. La scelta del tema, ha spiegato il presidente Copercom, Domenico Delle Foglie, è maturata alla Settimana sociale di Torino dedicata alla famiglia. Musa ispiratrice, la relazione del cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco. Obiettivo della giornata odierna, ha chiarito Delle Foglie, non è “proporre una strategia aggressiva, ma aprire orizzonti per una riflessione sul tema del gender, con il quale dovremo tutti fare i conti nelle nostre realtà associative e nelle nostre famiglie”.
Una “rivoluzione”. Nel suo intervento, mons. Pompili ha ribadito la “singolarità della persona e della concreta dualità del maschile e del femminile come dato antropologico originario”. Un legame, quello tra uomo e donna, che tuttavia “non si realizza mai compiutamente”, e questo “ridimensiona anche la centralità della sfera sessuale, sovraccaricata – secondo il sottosegretario Cei – di aspettative e di importanza dalla cultura contemporanea, con un inevitabile senso di frustrazione, che, come è tristemente evidente, è matrice di tante forme di perversione”. Ed è l’irruzione del logos, avvenuta all’interno della “societas christiana” con l’amor cortese, il “passaggio destinato a lasciare il segno” nella visione di questa relazione introducendo “una nuova forma di vicinanza tra maschio e femmina”. Per mons. Pompili, “gli umani, per entrare in relazione come esseri sessuati, hanno bisogno anche della mediazione del logos”; una “vera rivoluzione” che dà la parola anche alle donne, fino ad allora “comprate, vendute, consumate”, ed è proprio il cristianesimo a presagirla.
La potenza del linguaggio. Sulla differenza come “unico antidoto contro la malattia dell’essere identici”, conformismo “dilagante che ormai ci avvolge”, si è soffermata Paola Ricci Sindoni, presidente dell’associazione “Scienza&Vita” e docente di filosofia morale all’Università di Messina. Il linguaggio, ha ammonito, “ha il potere di generare ciò che dice”. Ecco perché termini come “orientamento sessuale” e “identità di genere”, comparsi all’inizio degli anni ‘90 nei documenti dell’Onu e dell’Ue, si sono gradualmente trasformati in “modelli culturali diffusi”, mentre chi contesta lo sganciamento dell’identità sessuale dalla realtà biologica può venire accusato, come già accaduto, di “militantismo eterosessuale”. Non ha usato mezzi termini Nicoletta Tiliacos, giornalista de “Il Foglio”: di fronte al “bombardamento quotidiano di programmi di intrattenimento che tentano di far passare l’ideologia gender, dobbiamo contrapporre verità a menzogna”, consapevoli che “l’accettazione delle diversità deve presupporre l’accettazione della diversità per eccellenza: quella tra maschio e femmina”. E se oggi una sorta di “congiura mediatica” tenta di insinuare “pseudoverità decostruzioniste” volte a “sostituire buon senso e verifica dei fatti”, dobbiamo “diventare dialogici e al tempo stesso fortemente assertivi, altrimenti avremo già perso in partenza”. Senza perdere tempo giacché “si sta pensando di introdurre nelle scuole italiane corsi contro l’omofobia, e già esiste una collana di libri per bambini che ‘apre’ alla teoria gender puntando sull’azzeramento della differenza”.