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GROTTAMMARE – Con l’approssimarsi dell’inverno, proprio quando le giornate si fanno piu’ fredde e i termosifoni vengono accesi, un’emozioorna nell’aria : “A San Martino mi compro questo, a San Martino mi compro quello…”. quest’anno domenica 10 e lunedi’ 11 novembre torneranno le bancarelle, ma molti non conoscono le origini di questa festa.
A parte il significato religioso, relativo al Santo di Tours, che generoso, dono’ meta’ del suo mantello a un povero, che stava morendo di freddo, iniziando cosi’ la sua vita religiosa, a Grottammare i significati delle origini sono molteplici. Fino a poco tempo fa, la fiera era boaria e si teneva sul sagrato della chiesa di San Martino: era essenzialmente una fiera agricola, di rinnovo delle provviste e delle sememze, come degli animali di stalla, in vista dell’inverno imminente.
Era legata alla semina del frumento, al ricominciare dell’anno agricolo, alla speranza della luce dopo il buio dell’inverno. Ma sicuramente era ancestralmente legata al culto pagano della dea picena Cupra, che aveva quasi certamente il suo sacello nei pressi della chiesa, era costei una sorta di Giunone romana, una matrona di origine mediterranee relativa al culto della madre-terra e al ciclo agricolo , forse di origine greca. Quando si insediarono i misteriosi monaci di San Martino in zona, probabilmente precedentemente al monachesimo benedettino, visto che recenti studi non ne hanno trovato tracce storiche – essi iniziarono l’opera evangelizzatrice a Grottammare proprio partendo dalla chiesa di San Martino, che secondo alcuni storici, aveva il titolo di San Giovanni il Battista.
Non a caso negli scavi di inzio ‘900 venne ritrovato il fonte battesimale ad immersione, che ancora si vede, pur notevolmente ribassato, al centro della chiesa. Tale primitivo titolo a San Giovanni con l’incastellamento “passo’” al paese alto, dove attualmente persiste nella chiesa di San Giovanni. Fu a quel punto che alla nostra chiesina campestre verra’ attribuito il titolo di matrice longobarda di San Martino. Una continuita’, dunque, religiosa e cultuale, pur nelle dovute differenze.
Per questo ogni tradizione grottammarese parte dalla chiesina di San Martino, dalla Sacra Giubilare, alle varie processioni dei Santi, che non fanno altro che narrare un trasporto da essa al paese alto e viceversa, quasi a voler raccontare in modo visuale la storia, tramandata da generazioni di popolo. Il primo nucleo da San Martino, il secondo nucleo abitato dal paese Alto, infine il terzo, il piu’ recente, dalla Marina. Una storia non scritta, ma figurata e ora te, in cammino, in pellegrinaggio, come nella vita, sia di ieri, che di oggi.
Cosi’ la fiera di San Martino ricorda ancora una volta le origini, l’inverno, l’oscurita’ e perche’ no?
La speranza della rinascita dopo il buio e la morte, rappresentati iconograficamente, dall’inverno. Oggi è’ occasione per ritrovarsi, stringersi negli affetti, per ricordare e per socializzare.

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