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Un grande rito collettivo per esorcizzare la crisi

Di M. M. Nicolais
Un sabato pomeriggio come tanti, ritratto di famiglia in un interno. Domanda di due genitori alle due figlie adolescenti: “Andiamo a vedere Checco Zalone?”. “Ci siamo già organizzate con i nostri amici!”. “Allora andiamo io e papà… Magari in un altro cinema…”. Cosa spinge genitori e figli, esponenti della buona borghesia come del proletariato urbano, cinefili e amanti dei “cinepanettoni”, a vedere un film comico che parla di un padre squattrinato e un po’ cialtrone, rimasto senza lavoro e (momentaneamente) senza moglie, costretto suo malgrado a regalare a suo figlio Niccolò un “viaggio da sogno” come premio per aver preso tutti dieci a scuola?
Cronaca di un successo annunciato: nel primo weekend di programmazione “Sole a catinelle” – terzo film di Checco Zalone, diretto da Gennaro Nunziante e distribuito in 1.200 copie, una quantità da mercato statunitense – sbanca il botteghino: 18.606.000 euro di incasso. Ma già il primo giorno è da record: 5.238.878 euro, il più alto incasso giornaliero mai registrato in Italia.
In un’Italia messa a dura prova da una crisi di cui ancora non si intravede l’uscita, e nella quale le dichiarazioni altisonanti dei politici cozzano duramente con le fatiche quotidiane di chi deve “sbarcare il lunario” cercando di mettere insieme il pranzo con la cena, sedersi in una sala cinematografica per passare qualche ora sorridendo in compagnia può sembrare una scorciatoia un po’ banale e “retrò” per non guardarla in faccia questa maledetta recessione.
E invece, ha il sapore di un grande rito collettivo per esorcizzare la crisi: non certo ignorandola, ma ridendoci sopra grazie a un racconto semplice e lieve, ma che fa dell’ironia garbata e della conoscenza degli inveterati “vizi italici” una formidabile arma per cercare di intravedere uno squarcio di “positività” anche nelle nubi più oscure e minacciose.
Come quelle che sovrastano la testa di chi, come il protagonista, ingannato da quelle finanziarie che fino a pochi anni fa concedevano prestiti con molta facilità e costringevano intere famiglie a rovinarsi per 15 euro al mese, rimane senza lavoro e viene abbandonato dalla moglie e dal figlio.
Cosa ha voluto raccontare Zalone nella sua ultima fatica cinematografica? L’italiano, che “parte berlusconiano e finisce vestito da Bertinotti”, come ha detto lo stesso Zalone in un’intervista riferendosi alla capacità tutta italica di cambiare in fretta credo politico solo per i propri interessi. Ma anche la vicenda di un padre di un bambino che ne sa molto più di lui. L’incontro con il diverso e la voglia di riconquistare la propria famiglia. Ma, soprattutto, il “sole a catinelle”. L’arte di cavarsela e di vedere, tenacemente, “rosa”, nonostante tutto e tutti. “Vedi questo lusso, questo yacht’”, dice Checco al figlio Niccolò in una delle battute più esilaranti del film: “Non voglio che pensi che questa è la felicità”, aggiunge, e quando il figlio sta per lodarlo per la sua saggezza, il padre gli indica uno yacht più grande… Niente retorica, niente “politically correct”. Mai prendersi troppo sul serio. “Perché non restate qui?”, dice ad un certo punto a Checco la mamma altoborghese del figlio prima problematico, poi “sbloccato” proprio dalla strana coppia di padre e figlio. E Checco prima risponde: “Non posso accettare”. Ma subito dopo: “È gratis? Accetto”. Se questo film dovesse essere un ritmo musicale, potrebbe essere un samba: il montaggio è veloce, l’atmosfera è allegra. Anche questo è “sopravvivere” alla crisi…
A proposito: qualcuno dalla crisi c’è uscito già. I produttori e gli esercenti, a cui va ben oltre il 50% del costo del biglietto. Ci voleva Zalone per dare un “boccata d’ossigeno” al cinema italiano.
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