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La parabola “delle tangenti”

Santa MartaDi Vincenzo Rini
Pane al pane e vino al vino. Che potrebbe essere la traduzione popolare del detto evangelico “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no”. È questo lo stile di Papa Francesco, che va dritto al nocciolo della questione, chiamando le cose con il loro nome. Non adeguandosi allo stile mondano – a volte anche clericale – di addolcire le verità amare usando non parole vere, ma termini nuovi che rivestono di zucchero o di coloranti vari la verità per non sembrare scortesi e, quindi, per non rischiare di offendere qualcuno e di farsi, così, dei nemici. Dire e non dire. Dire per non dire.
E anche stamattina lo ha dimostrato parlando a Santa Marta della parabola dell’amministratore disonesto, che oggi, illuminati dal Papa, potremmo chiamare “parabola delle tangenti”. La parabola del padre che porta a casa per i suoi figli “pane sporco”, reso tale perché guadagnato attraverso le tangenti che sono “spirito del mondo, della mondanità” e che non hanno quindi nulla a che vedere con la dignità del lavoro, del commercio, degli affari. In fin dei conti, con la dignità dell’uomo e della sua vita economica. Pane sporco, quello frutto di tangenti, che è “sporcizia” vera e propria, data da mangiare alla famiglia, ai figli. Sporcizia che non nutre, ma avvelena. Che distrugge la dignità, perché questa “viene dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto”.
Le parole di Papa Francesco si presentano con una immediatezza sconvolgente nell’avvicinare il tema della corruzione negli affari direttamente alla vita della famiglia, al rapporto padri-figli, scavalcando altri temi a cui di solito lo si mette in relazione: l’onestà negli affari, la sana economia, la vita sociale. Non che il Papa li abbia dimenticati, questi risvolti; lui però vuole giungere direttamente là dove la vita nasce, dove la coscienza si forma, dove i valori e i sani principi su cui si fondano il Vangelo e la verità dell’uomo e della società vengono trasmessi alle giovani generazioni. Perché è lì che il bene e il male vengono seminati, con i comportamenti prima che con le parole, radicandosi spesso in modo inestirpabile nel cuore, nella mente, nella vita dei giovani.
Il messaggio è forte e chiaro: la tangente è “peccato grave”; “un’abitudine mondana e fortemente peccatrice”, che “sporca il mondo a partire dalla famiglia”. Un messaggio che si rivolge direttamente, direi quasi sfrontatamente, ai figli: ribellatevi ai vostri genitori che vi danno il cibo, magari anche dei bei “collegi costosi”, in “ambienti colti”. Tutto questo è comunque “sporcizia” che vi è stata data da vostro papà, che paga cibo, collegio, cultura, lusso con il lavoro sporcato dalle tangenti, da cui è derivato il pane sporco, che sporca e deturpa la vostra dignità, che sporca la vostra vita.
In sotto traccia appare anche un altro messaggio ai figli: non illudetevi di essere a posto perché voi (almeno per ora) in questo “gioco” perverso non avete responsabilità; nella misura in cui mangiate volentieri quel pane sporco senza porvi domande, sporcate voi stessi la vostra dignità umana e cristiana.
Un messaggio davvero forte, quello di Francesco, da meditare per rinnovare la vita non solo del mondo dell’economia, ma della famiglia stessa.