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Un tale entra in una gioielleria… Potrebbe sembrare l’inizio di una di quelle barzellette… invece

Un tale entra in una gioielleria… Potrebbe sembrare l’inizio di una di quelle barzellette che alla fine strappano un sorriso. Ma in questo caso il sentimento finale è un altro.
Un tale entra in una gioielleria a Roma e chiede: “Vorrei regalare una catenina con un bel crocifisso”. E il commesso, di rimando: “Benone. Ma la vorrebbe semplice o con sopra l’omino?”.
L’omino sarebbe – lo sappiamo tutti, o quasi – nostro Signore, morto in croce e poi risorto per redimere l’umanità e per dare alla Storia una speranza senza limiti. “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
La presunta “storiella” è un episodio realmente accaduto e raccontato durante l’incontro dei vescovi responsabili delle Comunicazioni sociali delle Conferenze episcopali d’Europa in corso a Barcellona (8-10 novembre) sul tema “Evangelizzare l’anima dell’Europa. Il contributo delle comunicazioni sociali”.
C’è anche, se si vuole, un’aggravante al fatto, in quanto svoltosi proprio a Roma, che si vorrebbe tra le città “cuore” del cristianesimo.
Sull’episodio si potrebbe fare spallucce. Liquidandolo come la svista di un lavoratore un po’ stressato dalla fatica oppure tutto preso nel ruolo, tale da trascurare un elemento così significativo della cultura e del patrimonio valoriale italiani, europei, e per certi versi mondiali. E si potrebbe aggiungere che il Crocifisso, in fondo, “è solo un simbolo”. E che comunque siamo dinanzi a un singolo accadimento…
Tutto vero. Ma è altrettanto vero che la progressiva rimozione, cui stiamo assistendo, di simboli fortemente evocativi dalla cultura e dal sentire quotidiano, è il primo sintomo dell’affievolirsi di una fede, di un sentimento forte, di un amore, di un’appartenenza secolare o millenaria. Non a caso – per fare un esempio – quando due sposi decidono di dare un taglio alla loro storia d’amore spesso ripongono la fede nuziale in un cassetto. E, per fare un altro esempio, appena crolla un regime politico se ne abbattono statue e monumenti.
I simboli, quando ben intesi, in genere rappresentano un tesoro prezioso e condiviso, tra due persone, da un popolo, oppure dall’intera civiltà. E allora quel commesso pur senza volerlo dice: attenzione, la fede cristiana, sottoposta alla pressione della secolarizzazione, delle culture dominanti, del consumismo, della pluralità religiosa, si sta perdendo per strada. C’è un problema di “nuova evangelizzazione” che riguarda anzitutto le società occidentali; c’è una “questione educativa” che richiama in primis gli adulti, che a loro volta dovrebbero trasmettere la fede ai più giovani; ci sono – perché tacerlo? – anche comunità cristiane troppo chiuse in se stesse, rinunciatarie rispetto al compito di testimoniare il Vangelo in questo mondo che cambia.
Certo, non si ricostruisce una fede popolare partendo dai simboli. Ma il commesso romano suona per tutti l’ennesimo campanello d’allarme.
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