Pubblichiamo la prima omelia che il nuovo Vescovo Carlo Bresciani ha condiviso con i sacerdoti della nostra Diocesi durante la visita di martedì 12 novembre a Brescia.
Mons. Carlo Bresciani: “Dio ha creato l’uomo per l’immortalità. Lo fece ad immagine della propria natura.
Ci viene detta qui la grande dignità di ogni essere umano, siamo creati da Dio.
Ci può essere qualcosa di più grande?
Ci viene detta anche la finalità: ha creato l’uomo per l’immortalità.
Il progetto di Dio è un progetto di grande amore per l’uomo, è un progetto che abbraccia tutta la storia e arriva fino all’eternità.
Questa grande dignità è quella di cui noi siamo a servizio: noi siamo a servizio di questa dignità dell’uomo e di questa finalità dell’uomo. Il nostro ministero è davvero un ministero grande!
Questa è la grandezza di noi presbiteri a servizio di questo progetto enorme e immenso di Dio, per una vita eterna.
Mi viene in mente subito un altro pensiero in questo brano. All’interno del Libro della Sapienza, in cui si parla della morte che è entrata nel mondo per invidia del diavolo.
Non tutto fila liscio. Il progetto di Dio è grande, l’amore di Dio è immenso, ma non tutto fila liscio e qualcosa si intromette e qualcosa guasta anche le cose più belle.
Allora la vita dell’uomo è offuscata e la finalità della vita è persa.
Quello che era in partenza, noi non lo sperimentiamo più così.
Lo sperimentiamo dentro le contraddizioni, lo sperimentiamo dentro le difficoltà e qui ci sono tutte le difficoltà del nostro ministero, che sono tante.
Non conosco ancora quelle di San Benedetto ma sono sicuro che ci sono e sono tante.
Allora è vero, per usare le parole di San Paolo, che “dobbiamo combattere la buona battaglia”, non nel senso delle armi, ma la buona battaglia per salvare innanzitutto la nostra fine, per prenderci cura della nostra fine, perché i frutti a questi ostacoli a queste difficoltà a queste contraddizioni, sono per salvare la nostra fine.
Non dobbiamo prendere questo troppo alla leggera, non perché sto pensando che non abbiate fede, per carità cercate di capirmi, non è questo che sto pensando.
Perché anche noi dobbiamo prenderci cura della nostra fine.
Che cosa ci è chiesto?
Quello che ci è chiesto è la fedeltà e coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell’amore.
Se noi riusciamo ad essere fedeli a questo spirito interiore, fedeli a questo progetto di Dio, se noi siamo capaci di rispondere a questa grazia di Dio, se nelle nostre fragilità riusciamo a doragli la nostra vita, allora vivremo presso di Lui.
Perché grazia e misericordia sono riservati ai suoi eletti.
Provate a pensare a queste parole del Deuteronomio: esse ci rincuorano, ci danno la forza di stare dentro la realtà della vita.
Perché a volte abbiamo l’impressione di essere servi inutili, faccio un piccolo salto richiamando il Vangelo..
Perché corriamo dalla mattina alla sera e cosa abbiamo raccolto?
Le mani sono vuote, i fedeli chissà dove sono, chissà se mi hanno ascoltato. Abbiamo questa impressione di essere inutili a volte, ma siamo servi di Dio. Siamo servi di colui che tutto può!
Siamo servi di colui che, nonostante tutto, il suo progetto non lo lascia perdere e lo porta avanti attraverso di noi.
Dio si serve di noi, servi inutili per portare avanti il Suo progetto.
Qui trovo una grande consolazione per il nostro ministero sacerdotale.
Il nostro ministero sacerdotale non ci fa esaltare, ma ci fa sentire insieme con Dio e insieme con Gesù.
Il terzo spunto lo prendo sempre dal brano del Libro della Sapienza “Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi” – spesso non siamo molto apprezzati dal mondo, ed è sempre stata così per certi aspetti – “la loro speranza è piena di immortalità”. Viene evocata la speranza.
Carissimi ci sorregge la speranza, come virtù teologale, perché ha fondamento in Dio, è la più piccola delle tre virtù, ma è la più forte nel momento della necessità.
Coltiviamo questa speranza.
Coltivare la speranza vuol dire coltivare lo sguardo lungo, lo sguardo che sa arrivare lontano, lo sguardo che sa prenetare aldilà della superficie. Per vedere l’opera di Dio anche nelle piccole cose di ogni giorno.
La speranza è la virtù dei tempi difficili e che dobbiamo coltivare dentro di noi.
Tre spunti che ci possono aiutare in questo momento di preghiera e di meditazione.
Io vengo a San Benedetto con tanta speranza e davvero vi sono molto grato che siate qui con me questa mattina e ho dentro questa speranza sapendo che il progetto di Dio passa attraverso di noi, non ci pensiamo chissà che cosa, ma ci pensiamo servi della sua parola.
Quella che lui giorno per giorno ci aiuterà a capire, che è la spada che lui ci chiede e che percorreremo insieme.
Chiedo il vostro aiuto nella preghiera, di esperienza di vicinanza e di condivisione che il Signore ci verrà chiedendo per la nostra Chiesa di San Benedetto”.
Alla fine della celebrazione il Mons. Bresciani ha concluso: “Portate il mio saluto a tutti, a coloro che sono in difficoltà dal punto di vista umano, dal punto di vista della fede, a tutti colori che sono tra di noi i più bisognosi, fatevi miei interpreti presso le vostre comunità dicendo che io le ricordo e che questa benedizione arrivasse fino a loro”.
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