Foto scattate da Don Alfonso Rosati
DIOCESI – Giovedì 14 novembre i sacerdoti della nostra Diocesi si sono riuniti a Fiastra per vivere una giornata di ritiro, di preghiera e di riflessione.
Pubblichiamo le parole a loro rivolte durante la Santa Messa dal nostro Vescovo Gervasio Gestori: “C’è un proverbio indiano, che il Card. Martini amava citare specialmente nell’ultima fase della sua vita e che è diventato anche il titolo di un libro, dove sono raccolte alcune sue riflessioni sul tema del vivere umano.
Questo proverbio parla delle quattro età della vita, dei quattro stadi attraverso i quali l’uomo vive.
Il primo è quello in cui si impara e riguarda la fanciullezza e l’adolescenza. I fanciulli si pongono tante domande, che nascono dalla curiosità e dalla meraviglia suscitata in loro dall’esperienza del vivere. Sono domande vere, anche se spesso non vengono prese sul serio dagli adulti. Abbiamo l’esempio di Gesù nel tempio, che interroga ed ascolta i dottori della Legge.
Il secondo stadio è quello nel quale soprattutto si insegna quanto si pensa di avere imparato e si servono gli altri, mettendo a loro disposizione le nostre conoscenze e le nostre esperienze. E’ l’età della giovinezza matura e degli adulti, l’età dei grandi sogni, delle decisioni sul futuro, delle critiche al presente, della volontà di cambiare le cose in meglio, di educare gli altri. E’ l’età dell’impegno personale e sociale. Abbiamo l’esempio di Gesù, che si reca nel tempio a pregare e scaccia i mercanti, che rendono quel luogo sacro una spelonca di ladri.
Il terzo stadio della vita è quello nel quale si va nel bosco, e questo è molto profondo, e ci inoltra nel silenzio, dove è facile la riflessione e coltivano i ripensamenti della vita. Allora si riordinano con gratitudine tutte le cose che si sono ricevute e si rivedono tante persone che si sono incontrate. E’ il momento dell’età, nella quale si possono meglio riconoscere i propri limiti e si può compiere anche un passo indietro, se necessario. E’ il momento che si sta aprendo per me, per rivedere nella meditazione silenziosa le tante cose che non hanno avuto il tempo di venire rielaborate in maniera adeguata. E’ anche il tempo del rammarico per quello che si poteva compiere e non è stato fatto Quanto più una persona ha avuto delle responsabilità, tanto più occorre avere spazi di silenzio per ripensare e per discernere con lo sguardo della fede, che è anche quello più vero, e per domandare il perdono del Signore, affacciandosi più chiaramente le inadempienze e le mancanze.
Il quarto momento è il più significativo secondo questo proverbio per la mistica indù ed arriva quando ci si sente meno liberi all’esterno, meno capaci di autonomia e si impara a mendicare aiuto. L’andare a mendicare è il vertice dell’ascetica indiana e per tutti sarà il tempo della debolezza, della povertà, della mancanza di autosufficienza, per cui occorre dipendere dagli altri. Non vorremmo mai che arrivasse questo momento del vivere, anche se è un vivere ancora. Allora gli anziani ormai si sono ritirati dalle attività della vita, vivono una esperienza interiore intensa, come nell’isola di Patmos l’apostolo Giovanni, che stende il suo profondo Vangelo. Allora gli anziani possono offrire la pacata intimità di una unione orante con il Signore, semplice e spontanea come quella dei fanciulli, non priva di una sua grande efficacia umana e spirituale.
Se poi vale quanto la fede cristiana ci ricorda, che “Dio non è Dio dei morti ma dei vivi”, come ascoltavamo nel vangelo di domenica, e che “il re del mondo ci risusciterà a vita eterna”, come diceva la prima lettura dal libro dei Maccabei, allora dobbiamo credere che esiste anche una quinta età della vita, quella del mondo che verrà, come proclamiamo nel “Credo” ogni domenica. E’ questo quinto stadio di vita quella “buona speranza” di cui scriveva l’apostolo Paolo nella lettera ai Tessalonicesi e che conclude l’embolisno di ogni Eucaristia: “nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo”.
Tanti nostri fratelli sono già approdati a questo quinto stadio di vita ed osiamo sperare che vivano nella comunione con Gesù, Amico, Redentore e Pastore dei pastori.
Che se sono ancora nell’attesa della beata speranza perchè bisognosi di purificazione, noi siamo qui raccolti non solo per un grato e caro ricordo di loro, ma anche per aiutarli con il nostro suffragio a passare nella pace eterna del Regno.
A noi spetta prepararci anche a questa quinta ed ultima fase di vita. Come? Siamo maestri di questo per il ministero che ci compete. Ricordo solo che un proverbio invita a “fare il bene mentre la mano è calda e a non aspettare che la mano sia fredda”, quando non può più elargire e forse deve vedere che i nostri beni passano ad altri.
Non dimentichiamo l’esortazione:”Mentre siamo in tempo, operiamo il bene”. Ci aiuti il Signore e ci spronino con i loro esempi i nostri cari defunti.