Dal 22 al 24 novembre, ad Ancona e Loreto, si celebrerà il 2° Convegno ecclesiale marchigiano, dal titolo “Alzati e va’…”. A distanza di venti anni dal primo Convegno, le Chiese marchigiane tornano a riflettere sulla propria missione, nel tempo in cui Papa Francesco invita tutto il popolo di Dio ad andare incontro alle “periferie esistenziali.
Nell’intervista concessa da monsignor Luigi Conti, presidente della Conferenza episcopale marchigiana e arcivescovo di Fermo, la valutazione sul cammino preparatorio e le prospettive d’impegno.
Dopo due anni di lavoro del Comitato preparatorio siamo alla vigilia del 2° Convegno ecclesiale marchigiano che invita a entrare in missione verso quelle che Papa Francesco chiama “periferie esistenziali”. Una Chiesa in movimento quindi guardando alle sfide di una realtà in continua evoluzione. Quali primi frutti si possono intravedere in questa fase di assidua e impegnativa preparazione nella nostra Chiesa?
“In questo ‘ospedale da campo’ che, secondo l’espressione di Papa Francesco, è la Chiesa (ma anche la società civile) nel nostro tempo il Convegno regionale sta conducendo le nostre diocesi a ‘non chiedere a un ferito se ha il colesterolo e gli zuccheri alti… ma a curare le sue ferite’ con tutti i mezzi correttamente disponibili, per dirgli: ‘Alzati e va’!’. Innanzitutto, però, le diocesi marchigiane applicano a se stesse questo invito che un angelo del Signore fece a Filippo: ‘Àlzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta’ (Cfr. At 8,26). Le Chiese marchigiane, quindi, hanno intrapreso un viaggio mediante il lavoro assiduo del Comitato preparatorio verso il 2° Convegno regionale a venti anni dal primo (1993). Si sono messe in ascolto: ascolto della Parola di Dio e dei segni dei tempi, nell’intento di rinsaldare la propria identità e di aprirsi alla missione verso nuove frontiere. Hanno acquisito una nuova consapevolezza missionaria percorrendo strade deserte: quartieri, scuole, fabbriche, sanità, emarginazione, vecchie e nuove povertà… Hanno rivisitato i diversi ambiti del vissuto umano: la vita affettiva, il lavoro e la festa, la fragilità umana, la tradizione, la cittadinanza”.
La trasmissione della fede passa attraverso le relazioni. La società marchigiana è solidamente costruita su di una trama di relazioni familiari, sociali, intergenerazionali, ma questo tessuto oggi vive forti tensioni e rischia la lacerazione. Come aiutare la famiglia a non perdere il suo ruolo centrale, soprattutto sul fronte dell’educazione? In modo particolare come possiamo aiutare le nuove generazioni e le donne ad essere protagoniste del rinnovamento della Chiesa e della società?
“Per trasmettere la fede è necessario dare senso alle relazioni. Ogni relazione si nutre della memoria del passato e della speranza per il futuro. Dentro la trama di relazioni familiari, sociali e tra generazioni si è introdotto il rischio di presupporre la fede. È finito il tempo della trasmissione per simbiosi. È proprio a questo rischio che il Convegno delle Chiese delle Marche intende porre rimedio consapevole che il Vangelo si trasmette da persona a persona e, in una cultura secolarizzata, non è più adeguato il tessuto di tradizioni religiose ereditate dal passato. Soprattutto nei rapporti intergenerazionali si è interrotta la narrazione della fede. Anche l’enciclica Lumen fidei (n. 8) ci rammenta che ‘se vogliamo capire che cosa è la fede, dobbiamo raccontare il suo percorso’. Il ruolo della famiglia rimane fondamentale nella educazione alla fede. Bisogna ricucire lo strappo tra generare ed educare, compito quest’ultimo abusivamente sottratto alla famiglia dalle moderne agenzie mediatiche che operano nell’anonimato. Alle famiglie cristiane delle nostre Chiese il Convegno intende dire: ‘Famiglia, Alzati e va’’: ritrova te stessa, la bellezza e la forza della grazia del sacramento del matrimonio e racconta. I genitori raccontino il percorso della loro fede. Le donne, in modo particolare le mamme, ‘raccontino’: sembra oltretutto scientificamente provato che perfino durante la gestazione il feto assorbe i sentimenti e le emozioni della madre come in un respiro vitale”.
Come può aiutare un convegno ecclesiale, come questo, alla costruzione di un contesto in cui la fede sia veramente incarnata nella vita, con un forte impegno nei cammini educativi e di catechesi, proposti in modo trasversale ed integrato attraverso il contributo di tutti i settori della pastorale?
“Innanzitutto ritrovando lo spirito delle origini e la forza del primo annuncio, oggi ineludibile anche nel contesto di Chiese di antica evangelizzazione. Quindi recuperando prima ancora che una catechesi dottrinale una catechesi mistagogica capace di spiegare il mistero che abita in noi per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato, mistero generatore di speranza. Quindi ancora offrendo, soprattutto alle nuove generazioni, occasioni di incontro con le vecchie e nuove povertà mediante l’esercizio della carità. L’impianto pastorale delle nostre diocesi ha preso forma in uno strumento condiviso: il tavolo regionale di pastorale integrata. Vi partecipano non solo le diocesi con le loro strutture pastorali diffuse nel territorio (unità pastorali, parrocchie) ma anche gruppi, movimenti, associazioni e nuove comunità”.
Questo appuntamento marchigiano, con le 13 diocesi protagoniste, si pone a 20 anni di distanza dal primo Convegno ecclesiale nelle Marche. Quell’“Alzati e va’” del titolo è eloquente per capire come la Chiesa vuole camminare nell’ambito dell’evangelizzazione. Ma concretamente quali progetti stanno nascendo come lettura dei segni dei tempi?
“Innanzitutto atteggiamenti che palesano un cambio di mentalità come il superamento della ‘sindrome del campanile’ per cui ciascuna diocesi abbandona la presunzione di autoreferenzialità per aprirsi e mettersi in rete con le altre. In secondo luogo, il superamento della ‘sindrome del clericalismo’ per restituire ai presbiteri ciò che è specifico del loro ministero e sviluppare una diffusa ministerialità. Dal 1° Convegno del 1993 a oggi, le Chiese marchigiane hanno promosso la nascita e lo sviluppo del diaconato come stato permanente, i ministeri istituiti e soprattutto i ministeri di fatto: dai catechisti tradizionali, ai catechisti accompagnatori nei percorsi di iniziazione cristiana, agli animatori della liturgia e del canto liturgico, agli operatori della carità particolarmente maturati in questi anni di crisi economica. Proprio l’impegno per una ministerialità diffusa nel territorio non solo nell’ambito della carità sta generando un ‘Osservatorio regionale permanente’ che cammina di pari passo con il ‘Tavolo regionale di pastorale integrata’ e che consente alle diocesi di leggere i segni dei tempi, pensare e camminare insieme. Di fronte alla disoccupazione giovanile, diverse diocesi hanno dato avvio al ‘Progetto Policoro’ che affronta il problema della disoccupazione giovanile puntando a rendere i giovani, spesso vittime della rassegnazione e dello sfruttamento, autentici protagonisti del rinnovamento della loro terra, ‘nel farsi costruttori di una nuova società’. Il progetto si articola nella proposta di evangelizzazione dei giovani in quanto l’incontro con Gesù cambia la vita ed aiuta le persone a percorrere sentieri di speranza, nel promuovere una nuova cultura del lavoro e nel vivere insieme un lavoro dignitoso promuovendo e sostenendo l’imprenditorialità giovanile. È promosso e coordinato dai seguenti Uffici pastorali: l’Ufficio diocesano per i problemi sociali e del lavoro, il Servizio diocesano per la pastorale giovanile e la Caritas diocesana”.
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