Oggi è il giorno del lutto, del pianto, della solidarietà. Nel giro di poche ore, e sotto una violentissima pioggia la città di Olbia che si affaccia sul mare lasciandosi alle spalle le montagne, è diventata un enorme catino raccoglitore e le acque l’hanno sommersa, ferita, danneggiata. Si contano le vittime. È una strage. Tra i morti ci sono purtroppo anche dei bambini. La città è ancora sotto l’acqua. Scantinati allagati. Negozi invasi dal fango, aziende e case distrutte Come sempre in prima linea negli aiuti c’è la Chiesa con i suoi sacerdoti, le parrocchie, le strutture della Caritas. Abbiamo raggiunto telefonicamente a Tempio-Ampurias il vescovo monsignor Sebastiano Sanguinetti a cui abbiamo chiesto una testimonianza.
Quanto è stata violenta la pioggia?
“È iniziata tre giorni fa con una pioggia intensissima che già aveva in qualche modo messo in ginocchio l’intera città di Oblia. E poi il nubifragio, il ciclone di ieri. Olbia si trova a 16 metri sul livello del mare. Quindi tutte le montagne circostanti riversano sulla città l’acqua facendo di Olbia un catino raccoglitore. È impossibile smaltire in così poco tempo questa mole d’acqua”.
Come vi state mobilitando come Chiesa?
“Mettendo tutte le nostre strutture a disposizione per l’accoglienza, per cercare di venire incontro all’emergenza nella quale ci troviamo. In questo momento c’è gente che è fuori di casa, non ha un alloggio. Tutti gli alberghi della città sono stati messi a disposizione. Ci sono case private e noi tutte le strutture che abbiamo, le abbiamo messe a disposizione. Poi valuteremo e studieremo altri eventuali interventi: c’è gente che non ha vestiti, che ha bisogno di un pasto. Verificheremo quindi tutte le necessità. Abbiamo poi strutture di accoglienza come le mense dei poveri e i dormitori. E infine valuteremo quali interventi a lungo termine promuovere. Perché il disagio non si conclude nell’arco di 24 ore. Siamo già in contatto con Caritas italiana e insieme cercheremo di fare il punto della situazione”.
D’altronde in caso di emergenza e di necessità le parrocchie sono sempre un punto di riferimento per la gente?
“Sì. Lo sono sempre, sempre. E quello che possiamo fare, lo dobbiamo fare. Siamo chiamati a farlo in collaborazione con le istituzioni a partire dalla Protezione Civile, le amministrazioni comunali, e tutto il mondo del volontariato, le forze dell’ardine. Davvero sono tantissime le persone che si stanno prodigando fino all’inverosimile. Ci sono ancora strade impercorribili. Per arrivare ad Olbia le due principali strade di collegamento sono interrotte. E la città è ancora sotto l’acqua. Scantinati allagati. Negozi invasi dall’acqua, aziende e case distrutte. È davvero un’emergenza di grosso livello”.
Si stanno contando i morti e tra le vittime anche bambini. Che dire in questi casi?
“E 12 morti sono solo ad Olbia. Sto andando all’obitorio di Tempio dove ci sono le tre vittime morte questa notte lungo la strada nella voragine che si è aperta improvvisamente. In questo momento come Chiesa, come vescovo, come sacerdoti e comunità cristiana siamo impegnati nella preghiera, nella vicinanza, nella solidarietà, nel dare una parola di conforto alle famiglie dei dispersi”.
Ci sono responsabilità? La tragedia poteva essere evitata?
“È la natura che sta diventando sempre più violenta. Gli esperti ci stanno dicendo che fenomeni di questa natura saranno sempre più frequenti. Le modifiche e il riscaldamento degli oceani creano maggiore energia trasformando questi eventi atmosferici naturali in eventi estremi. E dall’altra parte l’uomo ha messo del suo edificando dappertutto, costruendo dove non doveva costruire, ostruendo corsi d’acqua, edificando ai bordi dei torrenti. E i corsi d’acqua straripano, allagano e distruggono tutto quello che trovano. L’acqua invade riprendendo quello spazio che le era stato tolto. Quindi ci sono fattori atmosferici che si uniscono alla insipienza dell’uomo e il risultato è quello che vediamo. Ma oggi è il giorno del lutto, del pianto e della solidarietà”.